PALERMO. A naso, tra una bretella rotta e una piscina ingolfata di terra, chi vive in Sicilia lo aveva intuito da tempo: l’Isola è la regione italiana che «vanta» il triste record di opere fantasma. Dall’Anagrafe delle opere incompiute, aggiornata al 2014 dal ministero delle Infrastrutture con i dati siciliani non ancora disponibili nella precedente rilevazione, si apprende che un’opera incompiuta su quattro, tra quelle disseminate nel territorio nazionale, reca il triste marchio «made in Sicilia».
Su 868 infrastrutture lasciate a metà, ben 215 sono sul groppone della Trinacria e dei suoi abitanti. Quando si parla di opere incompiute, salite dalle 692 del 2013 alle 868 del 2014, la Sicilia non teme paragoni. Seconda classificata è la Calabria, ferma a 93 strutture fantasma. Il distacco diventa ancora più ampio, se si considera che a seguire ci sono la Puglia (81), la Sardegna (67) e il Lazio (54).
E il confronto diventa assai più impietoso se si guarda alla provincia autonoma di Trento, dove ci sono zero opere incompiute. Se sul panorama nazionale spiccano come veri e propri inni allo spreco la Città dello sport di Tor Vergata, costata più di un miliardo di euro ma ferma a un misero 16,25 per cento dei lavori complessivi, e la linea ferroviaria Matera-Venusio (165 milioni di costi, 13 per cento di lavori realizzati), la Sicilia si difende piuttosto male.
Per una manciata di opere come la casa di riposo a Castel Termini o il centro sociale a Casalvecchio Siculo, che sono finite ma non ancora fruibili, ce ne sono una quarantina che sono ancora molto lontane dal taglio del nastro. Quaranta opere che registrano un avanzamento dei lavori inferiore al 20 per cento. Se proprio si vuole trovare la capitale dell’incompiutezza siciliana, bisogna volgere lo sguardo a Blufi. Qui la diga, che doveva essere il fiore all’occhiello della comunità madonita, è diventata una delle pagine più avvilenti degli sprechi made in Sicilia.
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