BRUXELLES. C'è un'intesa sui 160mila profughi da ripartire su scala europea, ma su meccanismo e criteri no, e il dibattito è rimandato alla riunione dei ministri dell'Interno Ue dell'8 ottobre. La sintesi di un'altra maratona europea sull'emergenza migranti è del ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maiziere, che alle nove di sera, a riunione ancora in corso, prova ad anticipare le conclusioni del vertice dei ministri dell'Interno di Bruxelles.
Si annacqua insomma il testo dell'accordo per ottenere il via libera. Si gioca sulle parole. Si trasforma «l'impegno» a ricollocare in un «accordo di principio» a farlo. E si prende tempo, nella speranza che la diplomazia faccia il suo corso, mentre il vertice straordinario dei leader Ue resta un'opzione sul tavolo.
Intanto i 28 hanno dato il via libera formale per l'avvio della 'fase 2' della missione navale EuNavFor Med che prevede
l'uso della forza contro gli scafisti nel Mediterraneo. Ma i Paesi dell'Est del gruppo di Visegrad: Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, sui ricollocamenti hanno continuato a mettersi di traverso durante tutto l'incontro, con Budapest alla guida del gruppo. Il ministro slovacco Robert Kalinek è arrivato al vertice insistendo che «le quote non sono la soluzione» e nelle stesse ore la premier polacca Ewa Kopacz
(Varsavia sembrava aver aperto) ha ribadito la stessa linea.
Anche il trattato di Schengen è in gioco in questa partita, che sembra indebolirsi ulteriormente dopo che Vienna e Bratislava hanno espresso l'intenzione di seguire l'esempio di Berlino e i ripristinare i controlli alle frontiere, minacciando così di scatenare un 'effetto dominò che potrebbe peggiorare la già complicata situazione nel Vecchio continente. La Polonia sta valutando cosa fare al riguardo, e anche il ministro francese Bernard Cazeneuve minaccia di percorrere quella strada se le cose con l'Italia non dovessero funzionare.
Nel documento della riunione dei ministri dell'Interno resta «l'impegno a ricollocare 120mila» profughi, ma sparisce qualsiasi vincolo sui meccanismi di ripartizione previsti dalla proposta della Commissione europea e si parla di «flessibilità», a seconda degli sviluppi sul terreno.
Intanto, col via libera di oggi al primo schema di 40mila ricollocamenti (26mila dall'Italia e 14mila dalla Grecia) si costituisce la base legale per l'avvio dell'approccio 'hotspot', centri di smistamento per distinguere i profughi dai migranti economici. E proprio questi ultimi dovrebbero essere trattenuti in Italia e Grecia, in centri attrezzati regolati da una «certa severità», come spiega il ministro dell'Interno Angelino Alfano, in attesa del rimpatrio.
Il titolare del Viminale chiede però l'applicazione degli hotspot in modo graduale, in parallelo ai ricollocamenti, ma soprattutto condizionato «al funzionamento dei rimpatri», che siano «gestiti da Frontex» con «risorse comunitarie» e sotto la responsabilità europea.
D'altra parte l'Ue è arrivata già spaccata alla riunione dei ministri. Nonostante i molti aggiustamenti per consentire al maggior numero possibile di Paesi di dare un ok ai principi generali, gli ambasciatori dei 28 non sono riusciti a mettersi d'accordo sulla bozza di conclusioni, lasciando alla politica la ricerca di una soluzione. I numeri per una maggioranza qualificata però ci sono e sebbene, vista la delicatezza della questione, si tenda a considerarla l'ultima spiaggia, l'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini non la esclude. «Non spetta a me decidere - afferma - ma non vedo perchè no».
Francia e Germania insistono, per bocca dei ministri Cazeneuve e de Maiziere, su hotspot e rimpatri. Vogliono garanzie sulla piena applicazione del binomio «responsabilità-solidarietà». Per questo chiedono «precisazioni» e date sulla messa in pratica di rimpatri e hotspot.
Caricamento commenti
Commenta la notizia