ROMA. Alcune delle vittime avevano perfino il giubbotto di salvataggio ma non è servito a salvarle dall'ennesima tragedia del Mediterraneo. E in questo caso c'è stato un doppio naufragio, ieri notte davanti alle coste libiche di Zuwara, in cui hanno perso la vita almeno 200 migranti ma potrebbero essere di più: secondo le Nazioni Unite, infatti, sulle due imbarcazioni viaggiavano in tutto 500 persone. Secondo le testimonianze raccolte dal britannico Guardian, i corpi di 40 persone sono stati trovati all'interno della stiva di un barcone che si è arenato su una spiaggia, mentre circa 160 galleggiavano in mare.
Le operazioni di recupero sono andate avanti per ore e la guardia costiera libica ha incontrato diverse difficoltà, dovute soprattutto alla mancanza di organizzazione e mezzi a disposizione. Uno dei responsabili ha raccontato infatti che sono riusciti a recuperare alcuni cadaveri e a portarli sulla spiaggia, ma altri sono stati lasciati in mare perchè il battello libico «non aveva abbastanza luce per continuare il lavoro». Fra i testimoni delle operazioni di soccorso e recupero, c'era un fotografo della Associated Press che in alcuni scatti ha potuto testimoniare la nuova tragedia in Libia, in cui hanno perso la vita migranti provenienti dall'Africa sub-sahariana, dal Pakistan, dalla Siria, dal Marocco e dal Bangladesh. Si vedono decine di corpi che galleggiano, alcuni con ancora il giubbotto di salvataggio addosso, molti col volto rivolto verso il fondo del mare. Altri sono rimasti intrappolati all'interno di una delle due imbarcazioni e sono affogati mentre il battello colava a picco. In altri scatti si vedono invece i corpi mentre vengono messi nei sacchi di plastica e poi piazzati in fila nel porto. Gli abitanti però non sono rimasti in silenzio di fronte a questa piaga che vede nella città libica vicina al confine con la Tunisia uno dei centri per i trafficanti di essere umani. Così in centinaia hanno manifestato ieri notte contro gli scafisti in una serie di cortei.
A riferirlo al Guardian Mohsen Ftis, rappresentante in loco di Medici senza Frontiere (Msf): «Quello che ho visto ieri notte è stato incredibile. Non ci sono parole per descriverlo. Avevo davanti a me i cadaveri di 40 persone, compresi bambini e donne». I residenti della città, «sono scesi in strada, gridavano che tutto ciò non è umano», ha aggiunto. Ma c'è stato anche chi è stato salvato dal naufragio: 100 persone sono state recuperate vive, fra cui nove donne e due ragazze. Molti di loro però hanno perso parenti e amici. «Stiamo cercando di parlare con loro ma è molto difficile, sono traumatizzati dopo quello che hanno visto», ha detto Mohamed al-Misrati, portavoce della Mezzaluna Rossa in Libia. L'organizzazione sta offrendo ai superstiti ogni tipo di assistenza medica e psicologica. Si tratta infatti di uno dei naufragi più gravi degli ultimi tempi al largo della Libia (il 5 agosto scorso era affondato un barcone con a bordo oltre 600 persone, almeno duecento delle quali erano finite in fondo al mare). Nel nel Canale di Sicilia, l'incidente con il bilancio più pesante resta quello del 18 aprile scorso: circa 700 le vittime, la strage più grave dal dopoguerra. A Zuwara e in altre località costiere della Libia il problema, secondo Ayoub Qassem, portavoce della marina dipendente dal governo filo-islamista di Tripoli, è sempre lo stesso: non ci sono i mezzi per fermare un problema che «sta sfinendo i libici».
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