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Crocetta, il "giorno del giudizio"
In silenzio nella sua casa di Tusa
Lo Voi ribadisce: intercettazione non c'è

PALERMO. Si è chiuso in silenzio, rifugiandosi nella quiete della sua residenza di Tusa, nel Messinese. Il silenzio in quello che si prospetta per il presidente della Regione, Rosario Crocetta come il giorno del giudizio. Un giudizio politico, questa volta, perché per il governo regionale oggi sarà una giornata decisiva per capire se e per quanto potrà contare sul supporto di una maggioranza stabile.  Ma intanto il procuratore di Palermo Lo Voi chiarisce ancora una volta: «Ribadisco quanto contenuto nel comunicato stampa di ieri, 16 luglio. L'intercettazione tra il dottor Tutino e il presidente Crocetta, di cui riferisce la stampa, non è agli atti di alcun procedimento di questo ufficio e neanche tra quelle registrate dal Nas». Il capo dei pm già ieri aveva smentito l'esistenza dell'intercettazione di una conversazione, riportata dal settimanale L'Espresso, in cui il medico Matteo Tutino, ai domiciliari per truffa, avrebbe detto al governatore siciliano, riferendosi all'ex assessore alla Sanità Lucia Borsellino, «questa deve fare la fine del padre». Il nuovo intervento di Lo Voi segue la conferma del settimanale che, sempre ieri, ha ribadito l'esistenza della telefonata, sostenendo che gli autori dell'articolo ne hanno ascoltato il contenuto. Inoltre, la procura di Palermo sta valutando l'apertura di un'inchiesta. 

Sul fronte politico, oggi alle 15 il Pd incontrerà i giornalisti nella sede regionale per provare a chiarire la posizione del partito nell’Isola. Se da Roma la linea del Pd era orientata verso le elezioni anticipate già in autunno, in Sicilia dopo la smentita della Procura di Palermo sulla frase di Tutino che offendeva i Borsellino, il partito ha frenato.


All’orizzonte c’è chi non esclude la possibilità di un governo d’emergenza sul modello nazionale targato Pd-Udc-Ncd, ma prima i partiti chiedono chiarezza. Bisognerà anche capire come reagirà lo stesso Crocetta, apparso ieri molto provato da quanto successo e pronto a cedere il timone a Baldo Gucciardi nominandolo nuovo vicepresidente. In questo modo i renziani guiderebbero la Sicilia verso le elezioni che si terrebbero entro tre mesi.
I fedelissimi intanto si sono schierati tutti intorno al presidente. “Siamo innanzi ad una nuova stagione di veleni a Palermo” attacca Giovanni Di Giacinto, capogruppo del Megafono all'Ars. Mentre Udc, Pdr e Sicilia Democratica restano in attesa di chiarezza. C’è poi un fronte trasversale che chiede di approvare prima le riforme: acqua pubblica e Province sono due dei settori che rischiano il commissariamento da Roma e che vedono migliaia di lavoratori sull’orlo del licenziamento.

Non a caso oggi tre deputati, Margherita La Rocca Ruvolo (Udc); Matteo Mangiacavallo (M5S) e Giovanni Panepinto (Pd), hanno rilanciato un emendamento al ddl sull’acqua pubblica, che dovrà essere votato dall’Assemblea regionale siciliana, che è stato approvato in commissione Ambiente. Il testo prevede la costituzione “presso gli Ato idrici” di una Commissione di controllo per la gestione dell’acqua affidata ai privati.

Sicilia Democratica col capogruppo all’Ars, Totò Lentini: “Ormai a prescindere da chi ha ragione o torto, l'aria è così viziata che non rimane più altra soluzione che quella di andare al voto. C’è tanta sfiducia nel popolo, ormai non c’è più speranza di continuare a prescindere da quello che è successo ieri. La nostra linea è quella di fare la riforma delle Province, dell’acqua pubblica e la nuova legge elettorale e poi subito al voto. Poi decidano i cittadini cosa fare”.

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