PALERMO. La «bomba» scoppia in mattinata, quando le agenzie rilanciano un'anticipazione del settimanale L'Espresso in edicola domani. Una notizia clamorosa, che ha come protagonisti un medico ai domiciliari per truffa e il governatore siciliano Rosario Crocetta. In una conversazione intercettata, dice il settimanale, il dottore Matteo Tutino, noto chirurgo plastico che usava le strutture pubbliche per interventi estetici, direbbe parole pesantissime al presidente della Regione, suo sponsor di vecchia data, sull'ex assessore alla Sanità Lucia Borsellino.
«Quella va fermata, fatta fuori come il padre», (il magistrato assassinato dalla mafia 23 anni fa, ndr), avrebbe detto, secondo il settimanale, il chirurgo. All'altro lato dell'apparecchio Crocetta, che dell'antimafia ha fatto un vessillo, sarebbe rimasto in silenzio. Le reazioni politiche si scatenano dopo pochi istanti. Ed è lo stesso governatore, praticamente sull'orlo di una crisi di nervi, a intervenire per primo: «Non ho sentito questa frase, mi sento male», commenta. Questo è l'inizio della storia. Poi accade di tutto: dalle durissime parole di Lucia Borsellino, che dice di essere «intimamente offesa» e di «provare vergogna per loro», alle richieste di dimissioni del presidente della Regione avanzate praticamente da tutte le parti politiche. Dalle telefonate di solidarietà all'ex assessore da parte delle più alte cariche dello Stato - Mattarella, Grasso, Boldrini e Renzi -, all'annuncio di Crocetta di un'autosospensione, gesto d'impeto dal valore politico, non prevista, però, dallo Statuto siciliano. Non si contano le dichiarazioni politiche: tutte nettissime e senza appello per Crocetta. «Vergognosa, schifosa, deprecabile», gli aggettivi più ricorrenti nelle note che si susseguono per tutto il pomeriggio.
Il colpo di scena arriva intorno alle cinque, quando gli altri protagonisti della storia, i magistrati, al termine di una mattinata a dir poco convulsa, smentiscono l'esistenza della conversazione riportata dall'Espresso. E la smentita, preceduta dal nuovo ascolto di tutte le intercettazioni, imposto dal capo dei pm ai carabinieri del Nas, e dall'esame di tutte le carte delle indagini su Tutino, è secca: «Agli atti di quest'ufficio - scrive il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi in una nota che legge ai giornalisti - non risulta trascritta alcuna telefonata tra il Tutino ed il Crocetta del tenore sopra indicato». Ma non solo. «Analogamente, - prosegue - i carabinieri del Nas, che hanno condotto le indagini, hanno escluso che una conversazione simile tra i predetti sia contenuta tra quelle registrate nel corso delle operazioni di intercettazione nei confronti del Tutino».
Insomma, la telefonata non è agli atti a disposizione della Procura, nè tra quelle registrate dal Nas. La verifica è stata capillare e non ha avuto ad oggetto solo il fascicolo dell'inchiesta per truffa a carico del medico, ma anche delle carte presenti nelle altre indagini ancora aperte che riguardano Tutino e la gestione del suo reparto. Anche il legale di Tutino, che attualmente si trova agli arresti domiciliari, l'avvocato Daniele Livreri, assicura: «ho parlato con il mio assistito che mi ha giurato di non avere mai pronunciato quella frase». Alle smentite segue la replica del settimanale che «ribadisce quanto pubblicato». «La conversazione intercettata tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il primario Matteo Tutino risale al 2013 e fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull'ospedale Villa Sofia di Palermo», scrive L'Espresso. Ambienti della procura, invece, sostengono che se la conversazione esistesse sarebbe entrata a pieno titolo tra gli elementi di prova a carico del medico arrestato, essendo un ulteriore tassello in grado di delinearne la personalità. A chiudere la giornata ci pensa Crocetta: «Metodo Boffo? Peggio, d'ora in poi si può parlare di 'metodo Crocettà. Volevano farmi fuori», dichiara. Ma il tono è decisamente sollevato.
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