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Guadagna 300 mila euro l'anno, ma ne dichiara solo 10: denunciato cinese

RAVENNA. Grazie a un collaudato sistema di fatture false, a fronte di un fatturato medio di 2,5 milioni di euro l'anno non versava praticamente nulla all'Erario. È quanto ha scoperto la Guardia di Finanza di Lugo, nel Ravennate, che ha denunciato a piede libero un imprenditore cinese 38enne per uso di fatture per operazioni inesistenti.

L'uomo, da una ventina d'anni in Italia, fino al 2012 aveva operato nel distretto Forlivese del divano per poi trasferirsi in un capannone del Lughese. Secondo le verifiche delle Fiamme Gialle, il 38enne, sebbene dichiarasse in media 10.000 euro all'anno, in realtà ne guadagnava fino a 300.000 riuscendo così a evadere negli ultimi quattro anni circa 2,2 milioni di tasse. Tanto che in totale tra il 2010 e il 2014 sono state scoperte fatture ritenute fasulle per 3,5 milioni di euro. Grazie a fatture per circa un milione di euro l'anno, il 38/enne era sostanzialmente in grado di pareggiare costi e ricavi sebbene le aziende che gli commissionavano i divani (colossi del settore) gli fornissero praticamente tutto il materiale necessario per una produzione rigorosamente Made in Italy di alta qualità, tanto che tra i pezzi figuravano modelli da 30 mila euro dotati di prese Usb e casse integrate per la diffusione della musica.

L'inchiesta - secondo quanto riportato in una nota - è scattata l'anno scorso quando, al momento dell'apertura di una verifica fiscale, i finanzieri lughesi si sono imbattuti in un'azienda, quella del 38enne appunto, all'apparenza perfetta: tanto lavoro, macchinari all'avanguardia e una catena di montaggio idonea a una produzione di rango. In totale 26 dipendenti, dei quali uno in nero, tutti di origine cinese. Perfetta, sempre all'apparenza, anche la contabilità. Quando però i militari hanno passato al setaccio i libri contabili, sono loro balzate all'occhio numerose fatture di acquisto emesse da altrettanti fornitori, sempre cinesi e tutti evasori totali o con partite Iva inattive da molto tempo.

 I controlli successivi hanno permesso di stabilire che le fatture emesse facevano riferimento a indirizzi inesistenti.  L'ultimo tassello investigativo è arrivato dalle anomalie riscontrate sui pagamenti: le fatture d'acquisto dei fornitori reali venivano pagate prevalentemente con bonifici bancari; mentre quelle dei fornitori fittizi venivano saldate in contanti o attraverso assegni poi incassati dallo stesso 38enne. Quelle somme, prelevate allo sportello della sua banca, venivano usate per spese personali o venivano inviate in Cina.

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