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Delitto Meredith, la Cassazione assolve dopo otto anni Amanda Knox e Raffaele Sollecito

ROMA. Innocenti: Raffaele Sollecito e Amanda Knox sono stati assolti dalla Corte di Cassazione dall'accusa di aver ucciso otto anni fa a Perugia la studentessa inglese Meredith Kercher. Tra chi immaginava una sentenza definitiva di condanna e chi puntava ad un processo d'appello-ter con annullamento del verdetto della Corte d'assise di secondo grado di Firenze che aveva dichiarato i due giovani colpevoli dell'omicidio, la Suprema Corte ha scelto una terza via, forse la più difficile.

Rivalutati in oltre dieci ore di camera di consiglio i fatti e gli atti, i giudici hanno concluso per l'assoluzione degli imputati: tecnicamente "per non aver commesso il fatto", in sostanza per insufficienza di prova (come spiega l'indicazione, nel dispositivo, del secondo comma dell'articolo 530 del codice di procedura penale). Resta una sola condanna, diventata definitiva, per Amanda: tre anni (con uno sconto rispetto alla decisione dei giudici di secondo grado) per aver calunniato Patrik Lumumba, accusandolo dell'omicidio nella prima fase delle indagini.

"Sono immensamente felice, torno a riprendermi la mia vita", ha commentato Raffaele Sollecito, che ha atteso la sentenza nella sua casa di Bisceglie (Bari). "Quella stessa magistratura che mi ha condannato ingiustamente - ha aggiunto - mi ha restituito oggi la dignità e la libertà". E da Seattle Amanda Knox, informata dell'assoluzione, ha trasmesso la sua felicità ai difensori Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova. "Sono enormemente sollevata e grata per la decisione della Cassazione italiana", ha detto, sottolineando che "la consapevolezza della mia innocenza mi ha dato la forza nei tempi piu' bui di questo calvario", in cui "ho avuto l'inestimabile sostegno della mia famiglia, degli amici e di sconosciuti".

L'urlo di gioia dell'avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Sollecito, alla lettura della sentenza ha ricordato quello che lei stessa fece in occasione dell'assoluzione di Giulio Andreotti, che pure difendeva. "E' stata una battaglia durissima, era pacifico che Sollecito è innocente, e questa Cassazione ha avuto il coraggio di affermarlo". Arline Kercher, madre di Meredith Kercher, dal canto suo, si è detta "sorpresa e molto scioccata". Di tono dimesso anche il commento dell'avvocato Francesco Maresca, difensore della famiglia Kercher. "E' una verità difficile da digerire per la famiglia, per noi che l'abbiamo difesa e per i giudici che hanno emesso i verdetti di condanna".

"Evidentemente avevamo ragione noi", ha commentato Claudio Pratillo Hellmann, presidente della Corte d'assise d'appello di Perugia che nel 2011 assolse Amanda e Raffaele; mentre il sostituto procuratore generale di Perugia Giancarlo Costagliola ha detto di essere "curioso di leggere le motivazione della sentenza. "Prendo atto della sentenza - ha detto il magistrato - e ho il massimo rispetto per le decisioni della Corte". La vicenda dell'omicidio di Meredith Kercher si chiude, dunque, con un unico punto fermo: riguarda Rudy Guede, il solo degli imputati che ha scelto il rito abbreviato e definitivamente condannato a 16 anni di reclusione.

L'ivoriano ha da subito ammesso la sua presenza nella villetta del delitto, affermando però di essere stato in bagno mentre la Kercher veniva uccisa da altre due persone. Guede ha poi sostenuto più o meno espressamente che in casa c'erano Sollecito e la Knox. Lei, originaria di Seattle, era arrivata a Perugia per studiare scrittura creativa all'Università per Stranieri. Appassionata di yoga e calcio era da poco fidanzata con Raffaele, conosciuto a un concerto di musica classica. Lui, amante tra l'altro di fumetti manga, all'epoca frequentava ingegneria informatica in cui si è laureato in carcere specializzandosi poi da libero in realtà virtuale. Le immagini di Sollecito e della Knox abbracciati davanti all'ingresso della casa di via della Pergola hanno fatto il giro del mondo.

I due hanno però sempre negato di essere stati nella villetta la sera dell'omicidio. Erano invece - hanno detto più volte - a casa di Sollecito dove avrebbero dormito. Una versione alla quale non ha tuttavia creduto la polizia che ha condotto una complessa indagine coordinata dal sostituto procuratore Giuliano Mignini (poi affiancato in dibattimento da Manuela Comodi). Per gli inquirenti le tracce di Dna (come quello di Sollecito sul gancetto del reggiseno della studentessa inglese), le impronte (anche di piedi nudi insanguinati) e le testimonianze raccolte collocano i due giovani nell'abitazione mentre la Kercher veniva uccisa.

Un omicidio con un movente a sfondo sessuale ha ipotizzato inizialmente l'accusa. Collocato in un quadro che ha portato all'arresto e alla condanna in primo grado dei due giovani ma anche a quella definitiva di Guede. Elementi che le difese di Sollecito e della Knox hanno ritenuto da subito non certi. Dando battaglia in particolare sull'attendibilità della prova genetica (il gancetto di reggiseno repertato dalla polizia scientifica dopo diversi giorni di sopralluoghi) e quella delle testimonianze, in particolare di Guede. Tesi accolte dai giudici d'appello perugini che hanno assolto i due giovani, rendendoli di nuovo liberi, con una sentenza poi però annullata dalla Cassazione e ribaltata in appello a Firenze con una nuova condanna.

Per i giudici toscani fu la Knox a sferrare la coltellata mortale a Meredith colpita con un'altra lama anche da Sollecito nel corso di un'aggressione successiva a una lite alla quale prese parte anche Guede. Una ricostruzione che non ha convinto la Cassazione, la quale ha scritto la parola fine alla vicenda giudiziaria di Amanda e Raffaele, assolvendoli definitivamente dall'accusa di omicidio.

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