TORINO. Costretta a prostituirsi nonostante il pancione. Pur essendo incinta di sette mesi, Diana (nome di fantasia) è una rumena di 20 anni che a Torino frequenta spesso i capannoni dismessi e le vecchie officine, in una zona alle porte della città. Zona ormai dimenticata dal mondo. Tutte le sere, Diana è lì sul marciapiede. Fino all’alba. Costretta dai suoi "protettori" anche a costo di lividi e minacce. "Per loro è una miniera d’oro, visto che, proprio grazie al suo stato interessante, li fa guadagnare due o tre volte la tariffa ordinaria. Un’attrazione da sfruttare finché dura, fino a che - spiega suor Eugenia Bonetti, presidente dell’associazione Slaves no more - non sarà in grado di soddisfare le aberranti fantasie: una mamma, poco più che bambina, senza preservativo. Prestazioni non protette che rischiano di infettare con lei e il bimbo che porta in grembo". Il suo pancione, sembra ormai diventata un'attrazione per i clienti a caccia di un amplesso. "Di storie come questa ce ne sono tante - commenta suor Eugenia -. Le prostitute schiave a volte lavorano fino a pochi giorni prima del parto, con turni massacranti per soddisfare le numerose richieste. Per alcune di loro, però, la maternità segna un cambiamento: trovano il coraggio di scappare e anche di denunciare. In molti casi sono proprio i bambini a salvare le loro mamme".