PALERMO. «La misura dei nuovi trattamenti pensionistici attribuiti ai dipendenti regionali e degli enti collegati non può superare l’importo calcolato secondo la disciplina statale in materia, avuto riguardo al trattamento economico complessivo lordo annualmente corrisposto agli interessati»: eccolo il testo della riforma delle pensioni che l’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, ha inserito nella sua bozza di Finanziaria.
Poche righe che cambiano profondamente il sistema e rischiano di dare il via da qui ad aprile - quando la manovra entrerà in vigore - a una fuga per evitare la tagliola. Tradotto in soldoni, secondo i calcoli fatti dal Fondo pensioni regionale e inseriti dallo stesso Baccei nella relazione che accompagna il testo, la riforma provocherà per i nuovi pensionati una perdita che oscilla fra il 15 e il 20% a seconda di anzianità e qualifica. E la Regione risparmierà nel prossimo triennio 25 milioni.
La riforma ha una anomala formulazione per provare a evitare il rischio di incostituzionalità, sempre presente quando si parla di rivedere norme pensionistiche con effetto retroattivo. In realtà - spiegano i tecnici - la riforma non cancella nessuna delle (più favorevoli) norme regionali ma si limita a introdurre un tetto di natura economica: ogni regionale che va in pensione non può prendere più di quanto prenderebbe uno statale nella stessa posizione. In questo modo i regionali perdono una quota della pensione calcolata ancora oggi col più vantaggioso metodo retributivo.
E anche se rientreranno fra le categorie nazionali che hanno ancora una quota delle pensione calcolata col retributivo, questa a livello nazionale tiene conto non dell’ultima busta paga ma della media degli ultimi dieci anni: dunque il regionale perderà soldi anche da questo punto di vista.
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