PALERMO. Un Natale sommersi dai rifiuti. Da ieri, cancelli sbarrati alla discarica di Timpazzo, a Gela, e oggi sarà il turno di Trapani. La Sicilia piomba nell’emergenza spazzatura e nell’Isola c’è il rischio di vedere sacchetti di immondizia a non finire, non raccolti e maleodoranti.
A far precipitare le cose, negli ultimi mesi, è stata la chiusura della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, nel Messinese, per il provvedimento di fermo dell’autorità giudiziaria e la grave situazione che si è prodotta nell’impianto privato di Motta Sant’Anastasia, nel Catanese, gestito dalla Oikos, in via di chiusura e il cui azionista è accusato di presunta corruzione per avere cercato di ottenere per vie traverse il rinnovo della concessione.
Due stop che hanno costretto il governo regionale a trovare nuovi impianti per smaltire 1.200 tonnellate al giorno di rifiuti prodotti soprattutto nella Sicilia orientale: da qui è nata la saturazione anche della discarica di Siculiana, gestita dal gruppo Catanzaro, chiusa per avere esaurito la capacità di abbancamento e non avere ancora concluso i lavori di ampliamento delle nuove vasche. La riapertura è prevista per metà gennaio.
Fotografia di una regione che non ha praticamente livelli di differenziata accettabili (meno del 10 per cento) e che si trova oggi con appena sette discariche pubbliche, con autocompattatori che viaggiano da una parte all’altra dell’Isola e con solo otto impianti di compostaggio attivi, su un fabbisogno di almeno altre venti strutture. Tutti motivi per cui il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha chiesto poteri speciali da commissario «che consentano di predisporre interventi immediati per aumentare la capacità di conferimento, portandola a quella prevista dal piano regionale dei rifiuti».
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