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Mafia a Roma, soldi portati all’estero: indagini su contatti coi boss siciliani

Verbali di Spatuzza e intercettazioni svelano legami con i clan catanesi, siracusani e di Pippo Calò. I carabinieri a caccia di una maxi-tangente finita nelle tasche di un deputato

PALERMO. I contatti tra i vertici della «Mafia Capitale» con esponenti di Cosa nostra siciliana. I verbali di Gaspare Spatuzza, che spiega la potenza della criminalità romana che sta nel «mondo di mezzo». La caccia ad una maxi-tangente intascata da un deputato. E un pentito che parla di un «corriere» che portava in Svizzera i soldi sporchi incassando il 4 per cento di provvigione. Ci sono anche questi filoni nell’inchiesta della Procura di Roma che ha scoperchiato gli affari criminali di un clan pronto a far soldi sfruttando faccendieri, politici, imprenditori, pregiudicati. E mafiosi.

I legami con i boss siciliani

Sono Ernesto Diotallevi e Giovanni De Carlo i referenti romani di Cosa nostra. Sono loro a tenere i contatti, ancora attuali e diretti, con gli esponenti mafiosi di Palermo, Catania e Siracusa. Agli atti dell’indagine, ad esempio, c’è l’intercettazione di una conversazione del 21 dicembre 2012 di Diotallevi, il «nero» ancora oggi «anima finanziaria» e ricilatore dei soldi della banda della Magliana, allevato da Pippo Calò, il «cassiere» di Cosa nostra. Diotallevi, in auto, parla col figlio Leonardo, il quale chiede: «Chi è il super boss dei boss, quello che conta più di tutti?». Diotallevi senior crede che la domanda riguardi Roma. E risponde: «Teoricamente so' io, materialmente conta Giovanni (Giovanni De Carlo, una delle pedine fondamentali del sistema «Mafia Capitale», uno che «sta su tutti i tavoli»). Ma il figlio incalza: «No a Roma, non dico a Roma, in generale, in Italia...». E Diotallevi padre: «Ma per me rimane Riina, chi vuoi che sia? Riina...».

È in questa conversazione che il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, e l’aggiunto Michele Prestipino - un tandem che ha lavorato insieme a Palermo e poi a Reggio Calabria - hanno ritrovato storie e spunti che li hanno portati a scavare sulle complicità dei clan romani con quelli siciliani, oggetto di nuove indagini ancora in corso. Nell’ordinanza di custodia cautelare - chiesta dai sostituti Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli- ricorrono altri nomi del gotha di Cosa nostra. Non solo Riina e Calò, ma anche Nitto Santapaola e il suo emissario Benedetto Spataro, i quali - per il tramite del «regista» Massimo Carminati - venivano riforniti di armi o potevano contare su di loro «per certe cose da fare sulla Capitale».

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