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Rifiuti, in Sicilia a rischio 55 milioni per realizzare i nuovi impianti

I fondi per realizzare le strutture per il compostaggio sono bloccati. La Regione: si possono spendere se lo decide Roma

PALERMO. I soldi, 55 milioni, nei cassetti della Regione ci sono ma sono bloccati. Gli impianti di compostaggio pubblici esistono, ma solo sulla carta. I bandi per costruirli sono usciti ma le gare nel 2012 sono andate deserte. È la storia dei fondi necessari per realizzare queste strutture a Terrasini, Casteltermini, San Cataldo, Ravanusa, Augusta, Noto e Capo d’Orlando, in cui dovrebbero finire i rifiuti umidi selezionati dai cittadini e destinati a creare concimi. Impianti che potrebbero mettere una toppa alla situazione critica in cui versano i comuni per lo smaltimento dell’immondizia.

Peccato, però, che l’assessorato ai Rifiuti per poter utilizzare questi soldi e costruire gli impianti ha bisogno che Roma proclami lo stato di emergenza. Pena il pericolo che tornino indietro. Motivo per cui il riciclo resta, al momento, una sperimentazione più virtuale che reale. A pagare sono i cittadini di una regione che non ha praticamente livelli di differenziata accettabili, meno del 10 per cento, e si trova oggi con appena sette discariche pubbliche, due grandi private in funzione e autocompattatori che viaggiano da una parte all'altra dell'Isola. L'immondizia «umida», una volta ritirata, dovrebbe finire il suo ciclo in un impianto per essere trasformata in fertilizzante. Ecco perchè il governo Crocetta punta, dunque, a convincere il premier Renzi e il sottosegretario Del Rio a proclamare lo stato di emergenza, in maniera tale da sbloccare i soldi, costruire gli impianti e iniziare a portare a livelli ragionevoli la differenziata.

In Sicilia a funzionare sono solo otto gli impianti di compostaggio: 5 sono in mano pubblica, 3 sono privati. Ne servirebbero almeno venti per potere far decollare la differenziata.

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