Domenica 05 Maggio 2024

Comuni in dissesto, inutili gli appelli al Tar

PALERMO. I Comuni con i bilanci in rosso non potranno evitare che la Corte dei Conti dichiari il dissesto rivolgendosi al Tribunale amministrativo regionale. È la sintesi di una pronunzia delle sezioni unite della Corte di Cassazione, che ha messo fine a un braccio di ferro lunghissimo, iniziato in Sicilia ai primi del 2013 e andato avanti fino a qualche giorno fa. La sentenza avrà effetti immediati su tutti quei Comuni per cui era stato dichiarato il dissesto e che, invece di attivare le procedure di risanamento previste nel caso di conti in tilt, avevano cercato di evitare sanzioni ricorrendo al Tar. In primis è il caso di Cefalù e Ispica ma la stessa procedura stava per estendersi a Milazzo, Messina e avrebbe potuto riguardare pure Bagheria. Anche se i Comuni in rosso sono già oltre 20 e dunque il caso a macchia di leopardo rischiava di allargarsi mettendo a rischio l’equilibrio fra poteri. In pratica, al dissesto si arriva quando la Corte dei Conti muove rilievi sul bilancio e li comunica alla Regione (in passato al Prefetto). Che a quel punto nomina un commissario per formalizzare il tilt contabile e avviare le procedure di riordino del bilancio: è possibile anche l’aumento delle tasse per coprire i buchi. Ovviamente ciò si traduce in una perdita di poteri del sindaco e della giunta che recentemente si sono opposti alla dichiarazione con cui la magistratura contabile avviava l’iter per il dissesto. È il caso, appunto, di Cefalù: il sindaco Rosario Lapunzina si è rivolto al Tar. I giudici amministrativi hanno inizialmente concesso la sospensiva del provvedimento con cui la Corte dei Conti, guidata in Sicilia da Maurizio Graffeo, avviava l’iter per il dissesto. La pronunzia - seppure non nel merito - sembrava destinata a far scuola e stava provocando altri ricorsi da parte di Comuni che si trovano nelle stesse condizioni di Cefalù. Un modo per frenare i controlli contabili sui bilanci.
Ma la Corte dei Conti, tramite l’Avvocatura dello Stato, si è rivolta alle sezioni unite della Cassazione. La tesi del presidente Graffeo è che il Tar avesse invaso competenze della magistratura contabile. Ed è una tesi accolta dalla Cassazione, secondo cui il Tar non può giudicare il ricorso dei Comuni. I sindaci possono rivolgersi al massimo alla stessa Corte dei Conti nazionale che deciderà a sezioni unite: «La giurisprudenza in ordine all’impugnazione della delibera con cui la Corte dei Conti accerta che ci sono le condizioni per dichiarare il dissesto finanziario - si legge nella pronunzia della Cassazione - spetta alle sezioni riunite della Corte dei Conti».
La pronunzia fa già giurisprudenza, chiude un caso già esploso ed evita che molti altri esplodano: nel giudizio si è inserito infatti anche il Comune di Ispica, guidato da Marco Santoro, che si trova nella stessa situazione.
Il caso ha effetti pratici anche per i cittadini dei Comuni in rosso. La dichiarazione di dissesto arriva quando ogni soluzione è ormai impossibile e impedisce infatti che il Comune possa accedere ai benefici del piano di rientro pluriennale che comportano sacrifici (in termini fiscali) meno pesanti e comunque diluiti nel tempo. Ma appellarsi contro questa dichiarazione rinvia il percorso di risanamento, nel caso di Cefalù di quasi due anni, e rischia di portare a buchi di bilancio anche maggiori.

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