ROMA. La stanza di un reparto di terapia intensiva del Policlinico Umberto I diventata in poche ore il cuore d'Italia. Qui il brigadiere dei carabinieri Giuseppe Giangrande, con il volto coperto da un intubatore e tra le macchine della ventilazione meccanica, dà i primi segnali della possibilità di poter superare queste ore difficili. Lo fa cercando di rassicurare la sua unica figlia, che solo tre mesi fa ha perso la mamma. Lui la guarda. Muove le palpebre e le spalle. Un gesto per farle capire «vai a casa, non è successo niente». Una bugia con amore paterno. E invece ieri è successo qualcosa che le istituzioni non possono dimenticare. Per questo oggi all'Umberto I è stata una processione della speranza. Con politici e personalità che continuano ad accorrere in ospedale per sostenere i familiari di Giangrande. Anche Francesco Negri, l'altro carabiniere scelto ferito alle gambe e ricoverato al San Giovanni, ha chiesto del collega.
I bollettini medici sono cauti ma ottimisti: le condizioni del paziente restano stazionarie nella gravità. La sedazione è stata «progressivamente sospesa e il paziente si è dimostrato risvegliabile, vigile, lucido e in grado di respirare autonomamente per un breve periodo». Ma «sono presenti segni di danno midollare ai quattro arti». Resta la prognosi riservata di 72 ore dichiarata ieri. Insomma, si spera ma si teme. Da ieri spera anche Ciro, fratello di Giangrande, non chiude occhio per stare accanto a lui. Spera in «qualche miracolo» e va avanti. Si emoziona quando racconta l'incontro in ospedale di suo fratello con la figlia Martina: «L'ha riconosciuta e ha mosso le spalle. In nottata ha respirato da solo». «Giuseppe fa un mestiere pericoloso - aggiunge l'uomo, poliziotto a Milano - ma è successo un evento abbastanza grave, non doveva accadere. Prima è rimasto vedovo, ora la figlia si ritrova con un padre così...». E quando qualcuno osa chiedergli un gesto di clemenza morale nei confronti di Luigi Preiti, finito nel carcere di Rebibbia dopo aver ferito suo fratello e l'altro militare, lui non ha esitazioni: «È un gesto che non si può perdonare», dice. E Pietro l'altro fratello è netto anche su un altro tema: «La politica va lasciata fuori dal nostro dolore. È successo, ed è successo a noi», dice raccontando di avere ricevuto solidarietà dai politici compresa la capogruppo alla Camera del Movimento Cinque Stelle, Roberta Lombardi. L'ospedale è anche un viavai di divise e stellette militari. Il tenente colonnello Ciro Trentin, comandante del 6/o battaglione Toscana, quello a cui appartiene Giangrande, ha solo elogi per «un uomo di grande esperienza, nella vita è stato sempre operativo sulla strada. È in grado di prendersi responsabilità, era infatti il comandante del dispositivo quando i fatti sono accaduti. È sempre in prima linea sebbene abbia 50 anni. Spesso è fuori casa lontano dagli affetti». Lontano dalla famiglia ma non privo di dimostrazioni d'amore. Sulle sue spalle, che oggi ha mosso per la prima volta, oggi non ci sono gradi militari. Solo voglia di farcela per rassicurare sua figlia. Un gesto che oggi vale più di tante stellette.
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