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Palermo, chiude la storica De Magistris: "Essere in regola non paga"

Dal 1906 era uno dei luoghi simbolo della città. Chiunque era andato a rifornirsi di quaderni, album da disegno, colori, copertine per i libri, I proprietari: "La nostra situazione faccia riflettere tutti"

PALERMO. In via Gagini a settembre ogni tanto chiudevano le porte e la gente si metteva in fila ad aspettare pazientemente che nel negozio strapieno si smaltissero un po' di clienti. Perché andare da De Magistris a fare rifornimento di quaderni a peso, album da disegno, colori, rapidograph, copertine per i libri era un rito inevitabile. Oggi non c'è palermitano adulto che possa dire di non essere mai entrato da De Magistris Bellotti che a Palermo esiste dal 1906. Ma sabato scorso potrebbe essere stato l'ultimo giorno di apertura dello storico negozio. La chiusura per una procedura fallimentare non è certa solo dal punto di vista burocratico ma, nella sostanza, nessuno pensa che ci possa essere una soluzione alternativa. Campane a morto, dunque, per uno dei luoghi simbolo di Palermo. E morte nel cuore per i due titolari Gianni, 61 anni, e Mauro, 55, e per 24 dipendenti dell'azienda.


«Lo vuole sapere perché chiudiamo? - dice Gianni Bellotti, responsabile dell'area commerciale -. Chiudiamo perché abbiamo fatto quello che, nel commercio, fanno in pochi, pochissimi: paghiamo i dipendenti secondo contratto, non sappiamo che cosa sia il lavoro nero. Ma così non ce la facciamo perché un'azienda che negli anni Novanta fatturava anche 12 miliardi di lire all'anno e aveva 120 dipendenti, si riduce a questo punto per effetto della crisi, certamente, ma non solo. Sono situazioni che suggerirebbero per esempio una seria riflessione sul sistema del credito in questo Paese». De Magistris-Bellotti a Palermo era una specie di istituzione. Non era solo la cartoleria più rifornita, non era solo il posto che poteva soddisfare le esigenze dei professionisti. Era anche tipografia dove si stampava ogni sorta di «modulistica» nel quadro di contratti di fornitura di  grandi dimensioni: tutte le sedi nazionali del Banco di Sicilia, la Cassa di Risparmio, la Telecom Sicilia-Calabria, l'Enel, il palazzo di giustizia e tanti altri. «Succedeva di tutto - racconta Gianni Bellotti - Durante il maxiprocesso, per esempio, c'era la necessità di fotocopiare adesso non ricordo se la requisitoria o cosa. Era un documento voluminoso che doveva essere stampato ma non reso noto. Ci telefonarono di sera dal tribunale perche avevano urgente bisogno di carta per fotocopie. Poi qualche giorno dopo ci portarono le copie da rilegare. Essendo un documento ancora secretato, non potevamo neanche leggere e l'operazione fu fatta sotto il controllo dei carabinieri.


Oppure il Banco di Sicilia che un giorno cambiò ragione sociale e un venerdì dalla direzione scoprirono che tutti i loro moduli portavano la vecchia dicitura. Così nello spazio di un sabato e domenica, notte compresa, dovemmo fabbricare circa cinquemila timbri con la nuova ragione sociale». Bellotti è sbarcato a Palermo nel 1906. Il primo a mettere piede in Sicilia fu Vincenzo, lombardo, che lavorava per la De Magistris di Milano che ad un certo punto decise di aprire una serie di filiali nel Paese. Una sorta di franchising ante litteram. Così Bellotti aprì la sua azienda affiancando il proprio nome a quello di De Magistris dal quale acquistò il marchio. E cominciò l'escalation che raggiunse il picco tra la fine degli anni ’60 e l'inizio dei ’70 ma per merito dei figli del vecchio Vincenzo, morto nel 1954. A migliorare l'azienda furono Eugenio Bellotti e la sorella Sandra che nel 1977 chiamarono a far parte della società un altro ramo della famiglia, quello di Vincenzo e dei figli Gianni e Mauro che cercarono di rimodernare tutto.


«La crisi - dice Mauro - non è mai stata assente in azienda. Anche nei periodi dei grandi fatturati le spese erano enormi. Avevamo quattro punti vendita e una tipografia. È' chiaro che non si poteva fare a meno del ricorso al credito. Ed era veramente oneroso. Perché le banche funzionano così: prima ti corteggiano, ti mostrano strade larghe e dritte. Poi diventano fiscali. A noi chiusero un conto per il ritardo nel pagamento di una, dico una, rata di un mutuo». Bellotti tira avanti e fronteggia la fine di molti dei suoi grandi clienti: finisce il Banco di Sicilia, finisce la Cassa di Risparmio, arriva l'informatica che rende praticamente inutile la tipografia visto che con una stampante laser i modelli si stampano al momento dell'uso direttamente negli uffici del cliente. Eppure Bellotti era noto per la qualità dei suoi articoli. «Abbiamo sempre avuto - dice Gianni - un repertorio molto vasto: dalle carte da gioco ai tavoli da disegno, dalle fiches a tutto il materiale per ufficio compresi schedari e classificatori, tutta la modulistica fiscale commerciale e previdenziale. Ma anche oggetti preziosi e di pregio.


Il giudice Giovanni Falcone era una grande appassionato di penne stilografiche di valore e noi in questo campo non avevamo rivali. Lui veniva spesso a trovarci». Dice Mauro: «Tra queste vecchie mura c'è un pezzo della storia di questa città. Chiuderla così per noi è davvero triste. Ma forse i tempi moderni ci hanno accompagnati alla porta e bisogna farsene una ragione. Forse».

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