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Mafia, sequestrato un cantiere nautico a Palermo

La struttura si trova nel porticciolo della zona Acquasanta-Arenella, regno dei boss Fidanzati-Galatolo. Coinvolti Francesco Lo Cicero e Antonino Di Giovanni

PALERMO. La Direzione investigativa antimafia di Palermo ha sequestrato un cantiere nautico, del valore di 2 milioni, a Palermo, nel porticciolo della zona Acquasanta-Arenella, regno dei boss Fidanzati-Galatolo.
Il provvedimento di sequestro ha colpito due palermitani, FRANCESCO LO CICERO, 58 anni, e ANTONINO DI GIOVANNI, di 57, entrambi detenuti, soci della cooperativa che gestisce i servizi del cantiere. I due, appartenenti a Cosa nostra, fanno parte della famiglia mafiosa Acquasanta-Arenella di Palermo.
La società a cui sono stati sequestrati i beni è una cooperativa, la "Di Giovanni Servizi nautici Acquasanta", i cui soci sono Di Giovanni, appunto, e Lo Cicero, entrambi detenuti. Il sito del cantiere nautico è stato indicato da più collaboratori di giustizia quale luogo di incontri riservati tra vari esponenti della famiglie mafiose palermitane.
Il Centro operativo della Dia di Palermo, attraverso intercettazione ambientali e video registrazioni, nel giugno 2010 ha sottoposto a fermo sia Lo Cicero sia Di Giovanni, ritenuti affiliati a Cosa nostra, in concorso con nomi di prima grandezza della criminalità organizzata: i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Giuseppe Provenzano, Giuseppe Liga, Manuel Pasta, Bartolo, Salvatore e Antonino Genova, Giovanni Nicchi, Salvatore Giordano, Gioacchino Corso, Gaetano e Stefano Fidanzati, Salvatore Lo Cicero, Francesco Costa, detto "puffetto", Nicolò Ferrara. In particolare, i due soci della coop sono accusati di aver diretto la famiglia mafiosa operante nella zona dell'Arenella-Acquasanta, provvedendo alla raccolta di denaro proveniente dalle estorsioni e mantenendo rapporti con gli altri mafiosi in libertà o latitanti. Di Giovanni e Lo Cicero, inoltre, avrebbero effettuato numerosi incontri e riunioni con importanti esponenti dell'organizzazione mafiosa di altri mandamenti e gestito, per conto di Cosa nostra, la cassa della famiglia di riferimento.

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