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Manifesto dei professionisti, presentato il decalogo

Il documento, che può essere firmato anche online, vieta per i suoi sottoscrittori di "prestare alcuna forma di consulenza o attività professionale a chi è già condannato o anche solo imputato per mafia"

PALERMO. L'hanno chiamato il "manifesto dei professionisti liberi", un decalogo pensato per le categorie professionali che vogliono concretamente impegnarsi contro la criminalità organizzata. L'iniziativa è stata presentata oggi dall'associazione antiracket 'Libero Futuro' al teatro Biondo di Palermo.
Il documento, che può essere firmato anche online, vieta per i suoi sottoscrittori di "prestare alcuna forma di consulenza o attività professionale a chi è già condannato o anche solo imputato per mafia". "Rinasca da qui la speranza dei palermitani onesti", si legge su uno striscione appeso sugli spalti. All'iniziativa sono intervenuti i magistrati Maurizio De Lucia, Michele Prestipino, Giuseppe Pignatone, il procuratore di Palermo Francesco Messineo, il questore Nicola Zito, il presidente di Confcommercio Palermo Roberto Helg. In prima fila siedono anche Pina Maisano Grassi e Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia. Proprio loro erano stati i protagonisti della 'svolta' avvenuta in questo stesso luogo, nel 2007, quando il suo presidente chiese scusa alla vedova Grassi per l'isolamento vissuto dal marito, Libero Grassi, ucciso dalla mafia dopo aver denunciato i suoi estorsori. Quattro anni fa la decisione di cacciare via da Confindustria Sicilia le aziende colluse con la mafia.
"Essere presenti qui, oggi, vuol dire impegnarsi concretamente, nella propria professione, per uno Stato diversò - ha detto Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio (l'avvocato assassinato nel 1979) - La professionalità si afferma anche attraverso delle prese di coscienza chiare come quelle proposte dal decalogo dei professionisti liberi e legate al ruolo di ciascuno".
"Siate consapevoli del vostro potere", ha detto Valerio D'Antoni, del comitato Addiopizzo. "Oggi si allarga l'area che dice no alla mafia e che le consente, storicamente, di essere forte - ha sostenuto Tano Grasso, presidente della Fai - Adesso le condizioni e l'attenzione sociale sul problema sono molto cambiate: chi si espone pubblicamente contro la mafia, fa un atto di libertà in sicurezza".

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