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Brusca: "Il papello inviato allo Stato dopo l'attentato a Falcone"

Il pentito è tornato a parlare oggi nel processo di Palermo all'ex generale dei carabinieri, Mario Mori, per favoreggiamento a Cosa nostra, fornendo nuovi particolari sulla trattativa tra le stragi del 1992

PALERMO. In carcere ha avuto tempo per pensare e fare chiarezza. E ora non ha più dubbi. La trattativa tra mafia e Stato fu avviata prima della strage in cui fu ucciso il giudice Borsellino. Chiede di tornare sul banco dei testi il pentito Giovanni Brusca per ribadire e precisare un particolare fondamentale nella ricostruzione del presunto patto stretto tra Cosa nostra e parti delle istituzioni. L'aveva già accennato il 18 maggio, lo ripete oggi con qualche particolare in più.    La sede è sempre la stessa: il processo per favoreggiamento mafioso all'ex generale dei carabinieri Mario Mori, accusato di avere "mancato" la cattura del boss Bernardo Provenzano proprio in nome della trattativa cominciata con Riina, dicono gli investigatori, proseguita dopo il suo arresto con l'altro padrino corleonese a cui, in cambio della pax mafiosa, venne garantita una lunga impunità.   Per i pm il dialogo tra mafia e Stato portato avanti almeno in una prima fase attraverso i carabinieri di Mori, venne avviata dopo l'uccisione di Falcone e prima dell'eccidio di via D'Amelio. Anzi la tentazione dello Stato di aprire un canale di dialogo con Cosa nostra sarebbe stata scoperta da Borsellino che sarebbe stato fermamente contrario al dialogo. E, forse, proprio per questo sarebbe stato assassinato.   Una ricostruzione in cui la collocazione temporale della trattativa diventa fondamentale. "Tra la fine di giugno e i primi di luglio del 1992 - spiega Brusca - vidi Totò Riina a casa di Girolamo Guddo. C'era un summit a cui presero parte anche altri capi. Lui si appartò con me e mi disse che 'si erano fatti sotto e che gli aveva presentato un papello cosi' e con le mani mi fece capire che era una cosa lunghissima". Parole che Brusca capì al volo: chi si "era fatto sotto" era lo Stato e il papello non era altro che un riassunto delle pretese del boss per stoppare la strategia stragista. Il pentito é certo che l'incontro avvenne prima di via D'Amelio ed elenca tutti gli episodi che lo convincono a collocare in quel momento storico il summit. Dal successivo incontro con Riina a Mazara del Vallo per progettare un duplice omicidio, a una riunione con l'autista del capomafia, Salvatore Biondino, che risale al 16 luglio. Allora Biondino gli riferì l'ordine di Riina di fermare tutti i progetti di attentati fatti prima - da quello all'ex ministro dc Mannino a quello al deputato Vizzini - e aggiunse che in quel momento avevano "per le mani un lavoro". Tre giorni dopo il tritolo uccide Borsellino. Brusca e Riina si rivedono ad agosto. "Prima della riunione a casa di Guddo - assicura il pentito - non avevo sentito parlare di papello".   Ma le certezze di Brusca non convincono la difesa di Mori che contesta al collaboratore, recentemente finito sotto inchiesta per avere continuato a gestire affari attraverso prestanomi, una serie di anomalie. Come quella di aver ricordato solo ora, dopo anni dal suo pentimento, la collocazione temporale di fatti importanti come l'inizio della trattativa. Perplessità che sembra nutrire anche il tribunale che fa notare al teste come dalle sue deposizioni risulti che l'argomento papello venne trattato con Riina in una serie di occasioni.

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