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Berlusconi ricattato, arrestati Tarantini e la moglie

L’imprenditore, al centro dell'inchiesta sul giro di escort, avrebbe estorto denaro al premier per non diffondere il contenuto delle loro telefonate

NAPOLI. La Digos della Questura di Napoli, in collaborazione con quella di Roma, ha arrestato Giampaolo Tarantini, di 34 anni, e la moglie, Angela Devenuto, di 34, per  il reato di estorsione ai danni del Presidente del Consiglio  Silvio Berlusconi. L'arresto è stato eseguito in esecuzione di una ordinanza di  custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli,  Primavera.   
Tarantini avrebbe estorto denaro al premier per non diffondere il contenuto delle loro telefonate. L’imprenditore della sanità pugliese è stato al centro dell'inchiesta sul giro di escort svelato da Patrizia D'Addario alla Procura di Bari. L'inchiesta era stata al centro di una anticipazione, il 24 agosto scorso, del settimanale Panorama. Secondo quanto riportato dal settimanale, la procura avrebbe iscritto nel registro degli indagati più persone: tra loro Valter Lavitola, direttore ed editore del quotidiano online "Avanti!".
L'inchiesta è condotta dai sostituti procuratori Henry John Woodcock, Francesco Curcio e Vincenzo Piscitelli. Secondo Panorama, l'estorsione ai danni del Cavaliere sarebbe consistita in un versamento di 500 mila euro a Tarantini e in altre somme versate ogni mese. Il presidente del Consiglio ha negato di essere vittima di un'estorsione e a Panorama ha dichiarato: "Ho aiutato una persona (cioé Tarantini, ndr) e una famiglia con bambini che si è trovata e si trova in gravissime difficoltà economiche. Non ho fatto nulla di illecito, mi sono limitato ad assistere un uomo disperato non chiedendo nulla in cambio". L'ipotesi della procura di Napoli, secondo la ricostruzione di Panorama, è che Tarantini abbia ricevuto il compenso per continuare a dichiarare, nel processo barese in cui è indagato, che Berlusconi non sapeva di ospitare alle sue feste escort prezzolate dallo stesso imprenditore pugliese. Secondo l'accusa, il mezzo milione sarebbe dovuto servire, soprattutto, a convincere Tarantini a scegliere la strada del patteggiamento in un procedimento in cui sarebbe l'unico imputato, evitando così un processo pubblico con la conseguente diffusione di intercettazioni telefoniche ritenute imbarazzanti per il premier. Gli inquirenti sospettano inoltre l'esistenza di un raggiro di Lavitola ai danni di Tarantini, con il primo che avrebbe trattenuto 400 dei 500 mila euro destinati al secondo.

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