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Fotovoltaico, Ingrassia smentisce la difesa di Vitrano

I magistrati della Procura Maurizio Agnello, Sergio Demontis, Emanuele Ravaglioli hanno interrogato di nuovo l'ingegnere, indicato come il "mediatore" della mazzetta da 10 mila euro che il deputato aveva in mano quando fu arrestato

PALERMO. Emergono nuovi contrasti nelle linee difensive dei protagonisti della storia di corruzione per il fotovoltaico culminata il 13 marzo con l'arresto del deputato regionale Gaspare Vitrano del Pd. Oggi i magistrati della Procura Maurizio Agnello, Sergio Demontis, Emanuele Ravaglioli hanno interrogato di nuovo l'ingegnere Piergiorgio Ingrassia indicato come il "mediatore" della mazzetta da 10 mila euro che Vitrano aveva in mano quando è stato arrestato sulle scale dell'Asp di Palermo.    
Ingrassia ha ricostruito ancora una volta gli intrecci societari che lo avrebbero legato a Vitrano e all'on. Paolo Bonomo (Api) finora rimasto fuori dall'inchiesta. Le società su cui si sono concentrate le indagini della Procure sono tre: Enerplus, Enerplus 2010 e Green. Vitrano ha detto di esserne un socio occulto. E così si spiegano i versamenti consistenti di denaro anche attraverso un conto svizzero indicato dallo stesso Ingrassia. La linea difensiva di Vitrano mira a sostenere che quei 10 mila euro rientravano in un passaggio di denaro tra soci e non rappresentavano il "compenso" per gli interventi svolti dai politici per accelerare le procedure di rilascio delle autorizzazioni.   
Diversa e contrastante la versione fornita da Ingrassia il quale ha detto che Vitrano e Bonomo erano soci di fatto, attraverso loro prestanome, solo nella società Green. I loro interessi erano rappresentati da quattro uomini di fiducia: Giuseppe Lo Gerfo e Angela Cerniglia per Vitrano e Letizia Mudò e Marco Sammatrice per Bonomo. I due politici, ha detto oggi Ingrassia, erano invece estranei alle altre due società (Enerplus e Enerplus 2010). Entrambe erano state costituite con denaro di Ingrassia che ha anche sostenuto di avere pagato di tasca propria tutte le altre spese per le consulenze dei professionisti (geologi, ingegneri, legali, commercialisti) e per il ricorso al Tar con il quale è stata sbloccata una concessione in un primo momento negata dalla Soprintendenza ai Beni culturali per la costruzione di un impianto fotovoltaico a Roccamena (Pa). L'assenza di un rapporto societario accredita l'ipotesi che le somme uscite dalle casse delle due società, poi vendute a imprenditori spagnoli, fossero destinate al pagamento di tangenti ai politici. Nel suo interrogatorio Ingrassia, assistito dall'avvocato Ugo Castagna, ha esibito tutta la documentazione di riscontro e indicato i professionisti da lui pagati per le loro consulenze.

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