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Caso fotovoltaico: nell'inchiesta spunta un altro testimone

Dopo Gaspare Vitrano, Piergiorgio Ingrassia e Mario Bonomo — i primi due arrestati in flagrante venerdì, il terzo citato più volte nelle intercettazioni —, agli atti finisce un altro nome: quello di Davide Di Vita, 35 anni, di Palermo, ascoltato ieri pomeriggio dai magistrati che coordinano l’indagine sulle tangenti

PALERMO. In questo momento gli investigatori lo considerano solo un testimone, uno che «sa tanto» e che può «spiegare molte cose». Ma la sua posizione resta comunque in bilico, costantemente al vaglio della Procura, che sta analizzando le sue dichiarazioni e l’aderenza con i fatti finora accertati. Dopo Gaspare Vitrano, Piergiorgio Ingrassia e Mario Bonomo — i primi due arrestati in flagrante venerdì, il terzo citato più volte nelle intercettazioni —, agli atti dell’inchiesta sulle tangenti nel fotovoltaico finisce un altro nome: quello di Davide Di Vita, 35 anni, di Palermo, ascoltato ieri pomeriggio dai magistrati che coordinano l’indagine.


Il suo contributo è ritenuto importante, se non addirittura cruciale, perché oltre ad essere socio di minoranza e dipendente dell’imprenditore che ha denunciato tutto, viene tirato in ballo più volte nelle conversazioni intercettate dalla Squadra mobile. È lo stesso Ingrassia, l’ingegnere di Misilmeri che avrebbe fatto da mediatore alla tangente intascata da Vitrano, a parlarne e a spiegare alla vittima il ruolo del socio: «Davide lo sa benissimo!», dice in una chiacchierata registrata la mattina del 10 marzo davanti al Credem di viale Lazio. «Grazie ad un intervento speciale del sottoscritto — spiega ancora — e a seguito di una richiesta espressa di due politici (...) siamo andati là... e voi avete preso questi lavori (...) avevamo un accordo economico con Gaspare e con Davide Di Vita».



Nella stessa conversazione, Ingrassia «svela», senza volerlo, molti particolari importanti per le indagini: «Queste due persone — dice —, l’onorevole Vitrano e l’onorevole Bonomo (...) che hanno veicolato la cosa... c’era un patto chiaro, ci guadagnavano tutti, tutti d’accordo, tutti d’amore e d’accordo, infatti la cosa che mi vogliono scippare la testa, mi dice “ma come d’amore e d’accordo, sì sì sì, Davide ora non mi risponde al telefono”». La vittima ha in corso un contenzioso con Di Vita, infatti annuisce e prova a spiegare: «Lo so, c’è un motivo...», dice, ma Ingrassia lo interrompe: «Eh allora, come la risolviamo questa cosa?». Poi, in maniera più diretta, va dritto al sodo: «Lei ne ha oggi soldi da darmi? (...) Lei mi deve dire, lei oggi è in grado di darmi del denaro che io posso consegnare a queste persone?». Il nome di Davide Di Vita riaffiora anche quando Ingrassia e l’imprenditore incontrano Vitrano, pochi minuti prima dell’arresto: «Io — si giustifica l’ingegnere, inventando una scusa — ho sempre parlato con il suo socio veramente, che ora ha avuto un infarto ed ha avuto una serie di problemi». «Diciamo sta meglio però comunque ha avuto un problema (...) c’è un conto aperto...».



In Procura intanto smentiscono l’inserimento di altri nomi (oltre a quello del deputato del Pd e del suo «mediatore») nel registro degli indagati. Dopo avere ordinato l’acquisizione degli atti sul fotovoltaico e la perquisizione degli uffici di Vitrano all’Ars, nei prossimi giorni i magistrati torneranno ad ascoltare Ingrassia, sperando che le sue parziali ammissioni imbocchino la strada di una collaborazione tout court. Finora l’ingegnere, che è difeso dall’avvocato Ugo Castagna, si è limitato a parlare di una prassi consolidata fatta di «regali» e «pensierini» a politici sempre disponibili: «Non è che ci fossero richieste esplicite — ha detto al gip Michele Alajmo —, ma nell’ambiente uno lo sa come ci si deve comportare».

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