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Omicidio a Gela, identificati mandanti ed esecutori dopo 18 anni

Per l'uccisione di Agostino Reina, 32 anni nel 1992, sono stati emessi degli ordini di custodia cautelare in carcere per Davide Emmanuello, Rocco Manfré e Maria Rosa Di Dio

GELA. Agostino Reina, di 32 anni, 'stiddaro' ucciso e bruciato nel 1992, durante la guerra di mafia a Gela, fu attirato nella trappola mortale da una donna che gli aveva promesso una notte di sesso. A distanza di 18 anni, la Mobile di Caltanissetta ha identificato mandanti, esecutori materiali e complici di quel delitto, arrestandone tre, in esecuzione di altrettanti ordini di custodia cautelare in carcere emessi dal Gip del tribunale di Caltanissetta, Alessandra Giunta, su richiesta dei pm Sergio Lari, Domenico Gozzo e Onelio Dodero, della Dda nissena.    
I destinatari del provvedimento sono il boss di Cosa nostra, Davide Emmanuello, 46 anni, già detenuto nel carcere di Milano; Rocco Manfré, 65 anni, e Maria Rosa Di Dio, 51. L'operazione è stata denominata 'Mantis Religiosa': gli imputati sono accusati di omicidio premeditato, in concorso con Alessandro Emmanuello, fratello di Davide, e del boss Daniele Emmanuello, ucciso 3 anni fa dalla polizia, mentre tentava di sfuggire alla cattura, nel suo covo di Enna. Per Alessandro Emmanuello, detenuto dal '99 a Meinz, in Francia, e' stata presentata richiesta di estradizione anche per questo reato.    
Grazie alle rivelazioni di due collaboratori di giustizia, Crocifisso Smorta e Fortunato Ferracane, e ad attività di riscontro, nonché di accertamenti scientifici, la Mobile nissena ha appurato che la sera del 30 giugno del '92, Reina (inteso 'Pinu Buttigghiunì) uscì di casa dicendo alla moglie di andare a fare un giro in macchina. In realtà si recò in una residenza di campagna di contrada Passo di Piazza, dove l'attendeva per una 'notte di passione' Maria Rosa Di Dio, soprannominata 'la maga' e sospettata di reggere un giro di prostituzione a Gela. Ma la Di Dio rimase con lui pochi minuti, lasciandolo in camera da letto, al primo piano, con la scusa di andare di sotto a preparare un caffé.     
Subito dopo apparvero al suo posto i killer che lo legarono, lo torturarono e infine lo strangolarono, ritenendolo l'esecutore (per conto dello 'stiddaro' Salvatore Nicastro) di 2 attentati intimidatori, con colpi di arma da fuoco ed un ordigno esplosivo contro l'abitazione degli Emmanuello di fronte alla chiesa di San Giacomo. Il cadavere fu seppellito in contrada Biviere da Rocco Manfré e Alessandro Emmanuello, ma qualche tempo dopo, di nascosto, altri affiliati (tra cui il collaboratore Crocifisso Smorta) furono incaricati di disseppellire quel cadavere senza nome, metterlo dentro uno pneumatico e bruciarlo per farne sparire le tracce e per rendere inattendibili le dichiarazioni di quanti lo avevano sepolto, se si fossero pentiti.     
I 'picciotti' e la 'maga' furono premiati con 100 mila lire ciascuno. Dopo mesi, la polizia trovò i resti di quello 'sconosciuto' e li fece tumulare nel cimitero 'Farello', in una tomba senza identità. La moglie ed i parenti ne denunciarono la scomparsa. Si parlò di 'lupara bianca'. Dopo 18 anni tutto è stato chiarito, grazie anche all'esame del Dna sui resti di Agostino Reina.

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