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Sandra Milo, aperta in Campidoglio la camera ardente, i figli: «Una donna libera»

In tanti si sono recati nella sede del municipio romano per porgere l'ultimo saluto alla diva scomparsa ieri all'età di 90 anni

La salma di Sandra Milo, scomparsa ieri a Roma all'età di 90 anni, è arrivata alla camera ardente allestita per lei in Campidoglio, che rimarrà aperta fino a questa sera alle 19. Ad accompagnare il feretro, arrivato irritualmente con mezz'ora di ritardo, circondato di rose bianche, ci sono i tre figli Debora Ergas, Ciro e Azzurra De Lollis, accolti dall'assessore alla Cultura del Comune di Roma, Miguel Gotor. Accanto alla sua foto, che la ritrae bellissima e sorridente, anche un'immagine di Padre Pio e una Madonnina con l'acqua benedetta.

«Mia madre è stata prima di tutto una madre, una donna libera, una grande testa». Così Debora Ergas, stretta al fratello Ciro De Lollis, ricorda sua madre, l'attrice Sandra Milo, oggi alla camera ardente.  «Sono una giornalista anche io e tante volte mi sono ritrovata dall'altra parte della barricata, come voi. Oggi sono di qua - dice commossa -. Ringrazio il sindaco Gualtieri che ha voluto rendere questo omaggio a mia madre che vive a Roma da sempre. È qui che ha trovato la sua fortuna, il suo successo, ma soprattutto l'amore del pubblico. Mia mamma ha sempre condiviso tutto: gioie, dolori, ascese, insuccessi, perché nella vita ci sono anche quelli. Ha pagato sempre in prima persona per i suoi errori. E non si è mai vantata delle sue conquiste.

«Il cinema - prosegue - a volte la ha osannata, a volte l'ha dimenticata, così come altri ambiti artistici, ma noi sappiamo che lei ha seminato solo amore, generosità. Se ne è andata da questo mondo senza neanche una casa di proprietà, perché ha sempre donato quello che ha guadagnato a chi ne aveva più bisogno. Perché è una donna che è stata sfollata durante la guerra, è cresciuta con una madre, una nonna, una sorella, ed è stata capo famiglia di se stessa e del resto della sua famiglia sin dall'età di 12 anni. Da allora fino all'altro ieri, ha sempre lavorato. Non si è mai fermata, ha cresciuto tre figli in assoluta solitudine. Questo - riflette - per noi è stato un esempio infinito di dignità, di indipendenza, di testa libera, perché mia madre ha sempre combattuto per le battaglie civili, per gli ultimi, contro la violenza alle donne negli anni '60 quando nessuno ancora ne parlava, per il diritto al divorzio, per l'autodeterminazione delle donne, per il diritto alla carriera e agli stipendi uguali. Perfino per il fine vita si è battuta, perché ognuno avesse l'autodeterminazione di andarsene da questo mondo come e quando volesse. E per i diritti degli animali: mamma ha salvato due cani che ora sono a casa e tutto ieri hanno pianto».

E ancora, commossa, racconta: «Mia madre è stata prima di tutto una madre, una donna libera, una grande testa, una donna di cultura che nonostante la guerra le abbia impedito di ottenere un titolo di studio, non ha mai passato un giorno della sua vita senza leggere. Fino a quando gli occhi lo glielo hanno permesso, cioè fino a pochi giorni fa, ogni mattina ha chiesto la sua copia cartacea del Corriere della Sera».

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