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Dalla gioia alla delusione in un solo momento: il campionato di Serie A come una metafora Var

A Bologna Thiago Motta saluta dopo un'annata strepitosa. Il Milan si libera di Pioli con una mesta cerimonia d'addio

Avete presente la Var? Dei suoi meccanismi pericolosamente sciocchi mi colpisce soprattutto quello emotivo. Gol, tifosi che esultano, s'abbracciano, compaiono sul tabellone in versione «guarda quei matti come sono felici» e all’improvviso l'arbitro fischia. Check. Lungo. Straziante. No, non è gol. I passionali già dal cuore acceso si spengono. I focosi imprecano. Partita rovinata.

La metafora della Var s'addice al finale di campionato con tante feste ammosciate, con tanti amori traditi, con spettacolari entusiasmi mortificati. Con tanti tristi addii. Non dico del Napoli ch’è parso una fermata del tram. Chi sale? Chi scende? Ma la Juve? Il Milan? Il Bologna? L’esonero di Allegri - Mister 5 Scudetti e 5 Coppitalia - lo ritroveremo nei libri di storia, come quello di Carlo Carcano, che fra il '30 e il '35 la Juve rimosse mentre stava vincendo il quinto Tricolore consecutivo. Vi piaceva, cari juventini, portare a casa i trofei per la Quarta Stella di Allegri dopo la Terza di Conte? Poi chi ha frenato, il Corto Muso o il Bilancio Rosso? Dalle mie parti buttare così Max vuol dire fare scarti grassi. Sprecare. C'è chi può e chi non può, la Juve/Elkann può. Fino a quando?

E il Milan che si libera di Stefano Pioli con una mesta e bugiarda cerimonia d’addio? Lo ringraziano «con affetto per aver guidato la Prima Squadra in questi cinque anni, ottenendo uno Scudetto che resterà indimenticabile e per aver riportato il Milan stabilmente nelle più importanti competizioni europee...». Indimenticabile? Hanno cominciato a ferirlo e a dimenticarlo poco dopo la conquista, offendendo non solo l’autore di un’impresa calcistica ma l’uomo che l’ha costruita mentre imperversava il Covid. Le colpe? Ai bischeri l’ardua sentenza. E intanto chiediamoci: chi è Fonseca? Leggo «Infanzia in Mozambico, la batteria suonata così così, la maschera di Zorro, il ferro da stiro...» e cerco sostanza, eccola: ha vinto 3 campionati d’Ucraina, 3 Coppe d’Ucraina, una Supercoppa d’Ucraina, tutto con lo Shakhtar. Complimenti. Ma perché se una Supercoppa d’Ucraina la vince De Zerbi, Fabio Capello dice che non ha vinto niente?

Ma è a Bologna che fanno la Var in grande, la rabbia dopo la gioia. Stavolta è protagonista l’allenatore. Ha appena finito di gioire e cantare con i suoi ragazzi, con i suoi dirigenti, con il suo popolo e all’improvviso Thiago Motta - bravissimo, non c'è dubbio - spegne il fuoco d’amore con un frettoloso «grazie di tutto, me ne vado» che già stranisce i supporter ma li scatena sui social perché è come se dicesse «me ne vado alla Juve», l’odiamata Signora di Torino.

Alla fine, restano vittoriosi senza risvolti Var solo Simone Inzaghi, Claudio Ranieri e Gian Piero Gasperini interpreti del calcio dal volto umano. Ne ho conosciuti tanti, di Mister, sono cresciuto con loro, anche grazie a loro se penso a Bernardini, a Rocco, a Pugliese, al Vecio. Con altri mi sono scontrato - Viani e Sacchi per tutti - o stretto rapporti confidenziali perché li ho visti crescere, come Capello e Ancelotti. In una stagione a dir poco demenziale solidarizzo con i protagonisti degli avvicendamenti, Zanetti, Andreazzoli, Sousa, Inzaghi, Liverani, Sottil, Cioffi, Garcia, Mazzarri, Mourinho, Dionisi, D’Aversa e Sarri. Scusate, devo aggiungerne un altro, lo sfortunato Eusebio Di Francesco: Niang all’ultimo respiro ha salvato l’Empoli e condannato il suo Frosinone alla serie B.

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