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Salta l’allungamento della durata dei contratti per i diritti tv

Il ministro Abodi lancia «un grido d’allarme» per le innumerevoli minacce ai calciatori. Insulti razzisti a un arbitro di colore in Veneto: lui abbandona la partita

Salta dal decreto milleproroghe il prolungamento da 3 a 5 anni dei contratti in essere per i diritti tv del calcio. Secondo quanto viene riferito, infatti, la misura, che riguarda tra l’altro Dazn e Sky ed entrata nel provvedimento attraverso una proposta di modifica a prima firma del senatore e presidente laziale Claudio Lotito, verrà stralciata anche dopo i rilievi arrivati informalmente dal Quirinale. E ancora non è chiaro se verrà poi riproposta in un altro provvedimento.

Il governo - secondo quanto riferito - starebbe studiando la soluzione tecnica migliore (forse un emendamento soppressivo) per stralciare la misura dal decreto. E questo anche in assenza di un maxi-emendamento visto che l’esecutivo - come detto anche nei giorni scorsi dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani - sarebbe intenzionato a non porre la questione di fiducia per salvaguardare una discussione nel merito sui temi.

Nel frattempo, si discute anche delle misure contro il tifo violento. Gli stadi tornano pieni e riemergono i vecchi problemi. Dagli scontri tra le tifoserie agli episodi di razzismo, passando per le intimidazioni ai calciatori: il 2023 si è già macchiato di molte di queste situazioni e il report dell’Aic, censito però sulla stagione 2021-22, rappresenta, secondo il ministro dello Sport Andrea Abodi, «un grido d’allarme». Sono stati 121, infatti, i casi in cui i calciatori sono stati fatti oggetto di offese, minacce e intimidazioni. Nell’85 per cento di quelli raccolti, i campionati più a rischio sono stati quelli professionistici, con la Serie A in testa visti i quasi 7 casi su 10 (68%). Una tendenza che, se per il presidente dell’Assocalciatori, Umberto Calcagno, «fa paura», per il presidente della Figc, Gabriele Gravina, e il ministro Abodi, obbliga a fare una riflessione più attenta da parte di tutti.

In particolare sui casi di razzismo e violenze, fuori e dentro gli stadi. Il coro unanime è stato quello di un inasprimento delle sanzioni per i soggetti coinvolti perché «il daspo non è più sufficiente», ha detto per primo Gravina. Parole alle quali hanno fatto eco quelle di Abodi. che ha aggiunto come sia necessaria anche «la certezza della pena», invitando a non guardare solo agli scontri in diminuzione all’interno degli impianti «ma anche a quello che succede fuori dagli stadi». Per questo tra gli auspici manifestati dal presidente della Federcalcio alla presenza anche di Paolo Cortis, presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, c'è stato quello di una «rafforzata collaborazione tra i protagonisti in causa, magari attraverso un maggiore e migliore ricorso alla tecnologia».

Per il momento, però, le perplessità sollevate in passato dal garante per la privacy sull'utilizzo del riconoscimento facciale restano e per questo Abodi, nel frattempo, ha chiesto a tutti di abbassare i toni («perché oggi raccogliamo ciò che abbiamo seminato») e ai club di troncare «rapporti equivoci con le tifoserie».

Non a caso i calciatori di colore sono il primo bersaglio dei casi di razzismo (39%), seguiti da quelli balcani (11%) e dell’America Latina (8%). A questi si aggiungono dei numeri citati da Gravina e che riguardano gli arbitri con 151 casi di violenza subiti dall’inizio della stagione in corso a fine gennaio. Basti pensare a quello più recente avvenuto in Seconda Categoria.

Insulti razzisti sono stati indirizzati a un arbitro di colore, «colpevole» di aver fischiato un calcio di rigore. Insulti che hanno indotto il direttore di gara a interrompere una partita di calcio, fischiando anzitempo la fine. L’episodio è avvenuto a Loria, in provincia di Treviso, durante l’incontro Bessica-Fossalunga di Seconda Categoria, terminata all’87' sul risultato di 1-1 per decisione dell’arbitro, Mamady Cissé, della sezione di Treviso. La decisione sarebbe stata causata da un insulto di discriminazione razziale che uno spettatore gli avrebbe rivolto dagli spalti subito dopo il pareggio degli ospiti, avvenuto su calcio di rigore. I dirigenti delle squadre hanno riferito che la scelta del direttore di gara è stata improvvisa, senza avvisare i capitani. Cissé ha compilato il rapportino e lasciato gli impianti sportivi, senza parlare con l’osservatore arbitrale.

«Dobbiamo fare sistema e combattere questa forma di cultura becera che deve essere espulsa dal nostro sistema», ha detto Gravina, che non dimentica le violenze che arrivano a mezzo digitale e per le quali si è augurato «un intervento drastico». I social network, infatti, nel 9% dei casi si confermano uno strumento per esercitare odio, violenza e intimidazioni, con le cattive prestazioni, seguite dal razzismo, che restano la principale motivazione di questi comportamenti.

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