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Bruscolotti vittima di un giro di usura, un carabiniere di Catania tra gli 11 arrestati

L'ex compagno del Pibe Giuseppe Bruscolotti

C’è anche l’ex capitano del Napoli Giuseppe Bruscolotti tra le vittime del giro d’usura scoperto dai carabinieri che, coordinati dalla DDA, hanno eseguito 11 misure cautelari nei confronti di presunti appartenenti a due gruppi malavitosi del quartiere Fuorigrotta, i Baratto e i Volpe, quest’ultimo giunto a corrompere un carabiniere per avvalersi della sua collaborazione.
I provvedimenti emessi dal gip Leda Rossetti riguardano i vertici delle due famiglie e anche il militare per il quale sono stati disposti i domiciliari: si tratta di Giuseppe Bucolo, 56 anni, luogotenente, originario di Catania e in servizio presso la compagnia di Bagnoli. Dall’ordinanza emerge un quadro a tinte fosche del pubblico ufficiale che avrebbe intascato il denaro della camorra - clan dopo clan - da quasi un ventennio.

A fare luce sugli affari sporchi della malavita è un collaboratore di giustizia, Gennaro Carra: spiega che Bruscolotti si è rivolto ai Volpe quando si è trovato in difficoltà economiche; dice di essere stato presente, in un’occasione, quando l’ex bandiera azzurra si è recata da Antonio Volpe (assassinato a 77 anni, tra la folla, nel marzo 2021) per pagare la rata di un prestito da 140mila euro, concesso a un tasso del 20%, destinato all’apertura di un centro scommesse: «Commentai con il Volpe - riferisce il ‘pentitò - che il tasso di interesse praticato era benevolo, e il Volpe mi rispose che lo aveva fatto perché sì trattava del capitano del Napoli». Ma secondo gli investigatori i tassi superavano anche il 40%.
Le indagini scattano proprio in relazione alla vicenda che ha visto protagonista Bruscolotti: attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, i carabinieri - coordinati dai pm - identificano 15 vittime, e altre 39 le scoprono da una sorta di “libro mastro», sequestrato in una perquisizione, il 15 luglio 2020, in un’abitazione e in una tabaccheria. Secondo Carra anche l’altro gruppo camorristico, i Baratto, fa affari con l’usura (“non trattano droga», afferma): sono legati, racconta, a una nota impresa di onoranze funebri che, a Fuorigrotta, la faceva da padrone fino a tre anni fa, quando è subentrata la gestione della Curia. Nel 2018 i Baratto avrebbero anche avviato una nuova e redditizia attività illecita con società «fantasma“ intestate a prestanomi costituite per emettere fatture false per i commercianti che così riuscivano a evadere l’Iva.

Carra, infine, parla anche del coinvolgimento del carabiniere «infedele» in un brutto fatto di cronaca che scosse Napoli e l’Italia: il ferimento, il 24 settembre 2015, di un poliziotto impegnato, con un collega, in un’operazione antiracket. Il sovrintendente Nicola Barbato venne raggiunto dai colpi di pistola sparati da un affiliato, Raffaele Rende, poi arrestato e condannato. «Rende, dopo il fatto, - racconta Carra - portò la pistola al Volpe (Antonio, poi ucciso) e quest’ultimo chiamò il Bucolo Giuseppe per farla sparire. Andai dal Volpe per reclamare la mia arma ma questi mi raccontò di averla affidata al Bucolo. Io mi stupii che un carabiniere potesse arrivare a tanto, visto che quell’arma aveva sparato contro un poliziotto».

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