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Il calciatore Seid Visin suicida a 21 anni, denunciò il razzismo: "Il colore della mia pelle come un macigno"

Il giovane calciatore Seid Visin, arrivato dall’Etiopia in Italia e adottato da una coppia di Nocera Inferiore (Salerno) si è suicidato impiccandosi nella casa della famiglia. Non aveva compiuto ancora 21 anni. In una lettera aveva denunciato il razzismo: «Ovunque io vada, comunque sia, sento sulle mie spalle come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone», aveva scritto. Il suicidio risale a due giorni fa, ma la notizia è stata confermata solo oggi.

Seid aveva debuttato nelle giovanili del Milan, poi era tornato a casa a studiare e prendersi il diploma di liceo scientifico. Giocava ancora, ma nella squadra di calcio a 5 dell’Atletico Vitalica. Sono anche i suoi compagni della squadra a salutarlo su Facebook ricordandone il sorriso, «l'indiscusso talento, la naturale straordinaria predisposizione a dare del tu alla palla, che restano impressi nella nostra mente» e «la refrattarietà a vedere il calcio come fonte di di guadagno. Vai via come sei arrivato, lasciandoci attoniti senza parole. A-Dios talento enorme dal cuore fragile».

Ancora più straziante l’addio della sua psicoterapeuta, Rita D’Antuono D’Ambrosio, che il 3 giugno scorso ha messo in Fb un enorme cuore rosso accanto al suo nome, e poi ha pubblicato una lettera del ragazzo del gennaio 2019, ora nel Corriere della Sera: «Sono stato adottato da piccolo. Ricordo che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità. Adesso sento che si è capovolto tutto. Ovunque io vada, comunque sia, sento il sulle mie spalle come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone. Ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perchè troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me. E, come se non mi sentissi già disagio, mi additavano anche come responsabile perché molti giovani italiani non trovavano lavoro».

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