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Lo Monaco: "In rosanero voglio grandi traguardi"

L'amministratore delegato del Palermo si racconta: "Vorrei che questa fosse la mia ultima avventura nel mondo del calcio. Nella settimana del derby saprò caricare io i giocatori"

PALERMO. Catania, una ferita. Palermo, l’ultima avventura. La più grande. Pietro Lo Monaco, nuovo amministratore delegato rosanero, a cinquantotto anni si racconta con l’entusiasmo di chi dal calcio ha avuto tanto e vuole tutto. Con lo spirito di chi non esita a definirsi un «carrarmato». La sua storia nasce tra i campi di periferia, perchè Lo Monaco nel calcio ha fatto quasi tutto partendo dal basso. Calciatore, allenatore e infine dirigente.

DA CALCIATORE ARRIVÒ FINO ALLA C, NEL MESSINA. COSA LE MANCÒ PER ANDARE AVANTI?

«Un po’ di cattiveria, quella che acquisii dopo. Non venivo da una famiglia agiata (è nato a Torre Annunziata ed ha la residenza a Villafranca Tirrena in provincia di Messina ndr). A quei tempi giocare in C a diciotto anni era un fatto straordinario, mi consideravano un enfant prodige. E mi persi dietro qualche sirena».

NEPPURE DA ALLENATORE ARRIVÒ MAI IN A...
«Li ebbe un ruolo importante la mia voglia di restare in Sicilia. Mi sposai presto a Messina. Ho allenato tanto nell’isola; due anni a Canicattì, due a Vittoria, Ragusa... sono molto legato a questa terra».

IL SALTO DI QUALITÀ A UDINE, DA DIRIGENTE, FU LÌ CHE SCOPRI LA SUA VERA VOCAZIONE...
«Quattro anni fantastici, una grande esperienza. Feci fare a Pozzo tante plusvalenze. Sfruttai benissimo gli effetti della legge Bosman andando a prendere senza soldi in giro per l’Europa calciatori in scadenza di contratto a cui nessuno pensava».

FU DUNQUE TRA I PRIMI A INAUGURARE QUESTO COSMOPOLITISMO CHE ADESSO È LA REGOLA? IL PALERMO DOMENICA NELLA FORMAZIONE TITOLARE AVEVA NOVE STRANIERI.
«Abbiamo il dovere di stare sul mercato e di prendere il meglio al prezzo più basso. Però al Catania ho preso anche Caserta dalla C-2 e Lodi dal Frosinone. Bisogna guardare dovunque, anche al proprio settore giovanile».
 
PIETRO LO MONACO AL PALERMO HA GIÀ TUTTO IN MANO, HA AVUTO PIENI POTERI SUL PIANO OPERATIVO ANCHE SE DEVE SEMPRE RENDERE CONTO A UN AZIONISTA DI MAGGIORANZA FORTE COME ZAMPARINI. COME SI CONCILIANO LE ESIGENZE?

«Intanto io al Palermo amministro. Non mi sento un dipendente, anche perchè ho una quota azionaria. Ho incontrato spesso Zamparini ed anche in contesti non calcistici. Lo ritengo una persona eccezionale, con valori importanti, un grande imprenditore che al Palermo ha dato tanto. C’è rispetto».



DA QUANDO È ARRIVATO LEI IL PRESIDENTE PERÒ S’È FATTO UN PO’ DA PARTE, UNA GRANDE APERTURA DI CREDITO. CHE NON AVEVA MAI DATO A NESSUNO...

«Ha capito che quando io mi metto in una cosa sono un leone, per me esiste solo il Palermo, anche perchè come ho detto ho investito parte del mio denaro».

SPIEGHIAMO MEGLIO...

«Ho acquistato il dieci per cento delle azioni, come lo sto pagando è irrilevante. Una casa si può acquistare tutta in contanti o col mutuo ma è sempre tua. Zamparini mi ha offerto la possibilità, ma glielo avrei chiesto io».

LEI HA UN’OPZIONE PER UN’ALTRA QUOTA AZIONARIA, È IPOTIZZABILE CHE UN GIORNO POSSA ESSERE IL PRINCIPALE AZIONISTA DEL PALERMO?
«Non lo so. Però vorrei che questa fosse la mia ultima esperienza nel calcio. Dunque voglio restare a lungo».

COSA DIFFERENZIA PALERMO DA CATANIA?
«Premetto che Catania è stato un miracolo. Per quello che è stato realizzato, per le plusvalenze, per il centro sportivo che è uno dei più belli d’Europa. Ma Palermo ha altre possibilità. Al netto dei ricavi per le cessioni il Palermo ha un bilancio doppio di quello del Catania. Ha potenzialità che possono consentire al club rosanero grandi risultati».

PER ESEMPIO?

«Non pongo limiti, diciamo solo grandi risultati».

INTANTO OCCORRE RESTARE IN A, E QUESTA PIAZZA NON È ABITUATA A LOTTARE PER LA SALVEZZA...

«Ma io sì. La prima cosa è evitare il panico, non perdere la testa. Sarei contento se arrivassimo al giro di boa con venti punti. Poi a gennaio cercheremo di potenziare la squadra».

GASPERINI HA DETTO CHE AL PALERMO NON SERVONO ATTACCANTI...

«Oggi cos’altro avrebbe potuto rispondere?»

DI LEI SI DICE CHE È COMPETENTE, DURO E CHE NON SI FERMA DAVANTI A NULLA...

«Competente lo lascio dire agli altri. Si, sono deciso e non mi arrendo facilmente».

RIDIREBBE CHE MOURINHO MERITEREBBE UNA BASTONATA TRA I DENTI?

«In Sicilia si dice così per dire di uno che parla a sproposito. Lui non sa cosa è la strada. Mi insultò, ma io ci rimasi male perché non rese onore a una piccola squadra come il Catania che lo aveva messo in difficoltà».

CON PULVIRENTI S’È LASCIATO MALE, ANZI MALISSIMO...

«Non dirò mai i veri motivi. Lui li conosce bene. Ero proprietario del cinquanta per cento della società che gestisce il centro sportivo di Torre del Grifo e gli ho regalato le azioni».

UN CENTRO ENORME, 56 MILIONI DI INVESTIMENTI. QUALCOSA DEL GENERE SI PUÒ REALIZZARE A PALERMO?

«Il centro che faremo a Carini sarà diverso, più piccolo. Spero in uno stadio aperto alla città tutti i giorni come Torre del Grifo, che ogni giorno è frequentato da tremila persone».

PER ANNI NON È STATO AMATISSSIMO DAGLI ULTRÀ ROSANERO. LI HA INCONTRATI?

«Io lavoravo per il Catania. Non li ho incontrati, ma lo farò. E ci capiremo subito perché si accorgeranno che io sono uno come loro, sono un manager aggressivo come un ultrà, sono un carrarmato».

E TRA UN MESE CI SARÀ IL DERBY...

«Lo aspetto. E le posso anticipare che la settimana che precederà la partita nessuno dei nostri calciatori parlerà. Parlerò solo io, tutti i giorni, so come caricare la squadra».

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