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In Sicilia la riforma delle Province torna ai box

Manca il paracadute costituzionale per l’elezione diretta dei presidenti e dei consiglieri. In pole ora c’è la riorganizzazione della dirigenza, con la previsione della fascia unica

Palazzo Comitini
Palazzo Comitini

La riforma delle province va ai box, quella della dirigenza in pole position. I segretari di partito del centrodestra hanno deciso di evitare scontri istituzionali col governo nazionale e così il calendario delle leggi da portare al voto dell’Ars finisce per essere quasi obbligato.

I segretari di Forza Italia (Marcello Caruso), Fratelli d’Italia ( Salvo Pogliese e Giampiero Cannella), Mpa (Fabio Mancuso) e Noi Moderati (Massimo Dell’Utri) insieme ai leader di Lega (Luca Sammartino) e Dc (Totò Cuffaro) hanno preso atto che da Roma non sono ancora arrivate le garanzie che permetterebbero alla Sicilia di approvare una riforma che reintrodurrebbe il voto diretto per eleggere presidenti e consiglieri provinciali mandando in soffitta la formula (codificata ma mai utilizzata) dell’elezione di secondo livello che coinvolge solo sindaci e consiglieri dei Comuni del territorio.

La riforma della dirigenza

La maggioranza ha poi deciso di dare accelerare su un’altra riforma in cantiere da mesi, quella della dirigenza regionale. È un testo che prevede di portare tutti gli attuali dirigenti regionali in un’unica fascia invece delle attuali tre. Ciò permetterebbe al governatore di nominare dirigenti generali anche chi oggi è in terza fascia, e sono oltre 600 direttori. Un margine di manovra ampio che Schifani vuole conquistare in vista di fine febbraio, quando scadranno i contratti degli attuali dirigenti siciliani e si aprirà la partita delle nomine al vertice dei dipartimenti degli assessorati.

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