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Attacco a Dallas, l'Isis: "Colpiremo ancora gli Stati Uniti"

DALLAS. «I soldati del Califfato vi colpiranno ancora». Con questa minaccia all'America si materializza la paura che monta da mesi negli Stati Uniti: il terrore che torna in casa. L'Isis ha rivendicato l'attacco nei pressi di Dallas contro l'evento dedicato alle vignette su Maometto, con i modi di sempre, annoverando i due attentatori come 'fratellì uniti nella jihad. E ha promesso: il prossimo «quello che sta arrivando, sarà più doloroso e più amaro», di quello che tutti già definiscono il primo attacco ispirato dallo Stato Islamico sul suolo americano. Rivendicazione ed anatema sono stati scanditi dalla stazione radio ufficiale dell'organizzazione, Al Bayan, e intercettati dal Site, il sito di monitoraggio dei jihadisti online.

Oggi attivisti dell'Isis, su alcuni social media, invitano i musulmani in Occidente a «portare avanti attacchi contro gli infedeli negli Usa, nel Regno Unito, in Olanda e in Francia», riferisce la direttrice di Site, Rita Katz. Sulla conferma ufficiale ci stanno lavorando tutti. E pur prevalendo la prudenza che porta la Casa Bianca a dire che «è troppo presto» per stabilire con certezza che chi e cosa sia dietro l'episodio, l'amministrazione americana non può esimersi dal chiamarlo un «atto di terrorismo», se pure di fatto sventato, sottolinea, grazie all'intervento delle forze dell' ordine impedendo che vi fossero vittime oltre alla guardia ferita leggermente. Degli attentatori, rimasti per ore a terra senza vita sul luogo della sparatoria, adesso si comincia a sapere di più ed emerge un profilo drammaticamente già visto, nello sgomento e nello shock di chi li conosceva: entrambi cittadini americani, «gioviali» e gentili con i vicini, insospettabili.

O quasi.  Elton Simpson, 30 anni, nato in Illinois era arrivato in Arizona che era ancora bambino. Gli piaceva giocare a basket e a scuola era stato capitano di una squadra. Si era convertito all'islam da molto giovane, alle superiori. Poi quell'episodio quattro anni fa: era, o era stato, sotto il radar dell'Fbi dopo che nel 2011 aveva mentito sulle sue intenzioni di recarsi in Somalia per unirsi alla jihad. Condannato a tre anni, non c'erano state poi però prove sufficienti per tenerlo in prigione. Oggi anche la sua famiglia si dice incredula:«Non avevamo idea delle sue intenzioni».

Lavorava in uno studio dentistico e, col senno di poi, si nota che in effetti ultimamente sul lavoro sembrava più assente. Ma nulla di più. Anche Nadir Soofi, il secondo attentatore che con Simpson condivideva un appartamento a Phoenix in Arizona, non destava sospetti. Soofi, 34 anni, era nato proprio a Garland, il luogo dell'attacco in Texas, da madre americana e padre pachistano. I genitori erano divorziati e Nadir insieme con il fratello da bambino visse per un periodo con il padre a Islamabad dove, secondo fonti citate dalla Cnn, negli anni '90 frequentò una prestigiosa scuola. Poi tornò in America. Era padre di un bambino di otto anni. La madre racconta che era «politicamente impegnato», in particolare su questioni riguardanti il Medio Oriente ma, ancora una volta, i familiari non immaginavano. Così come il presidente della comunità islamica che entrambi frequentavano a Phoenix, Usama Shami, che si dice sotto shock per l'accaduto: «Non mostravano alcun segnale di radicalizzazione - ha detto alla Cnn -. Adesso ci si chiede quanto li conoscessimo davvero».

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