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Irredimibili!

Irredimibili si definivano i titoli pubblici dello Stato, emessi per finanziare la guerra in Etiopia, e per i quali non era prevista  la restituzione del capitale versato. Irredimibili si definiscono  oggi  (Dizionario Treccani) quanti,  con  le loro scelte, risultano incorreggibili ed irrecuperabili al senso comune.

Viene naturale ascrivere a questa definizione quanti hanno proposto ed avallato un emendamento al bilancio regionale che darebbe il via libera a 300  assunzioni presso la Regione Siciliana; un emendamento che non riguarda la stabilizzazione di personale già in rapporto di precariato,  ma che darebbe la stura a 300  nuove immissioni in servizio.

Certo la tentazione sarebbe quella di liquidare la notizia, prendendo a prestito le parole di Charles De Gaulle; “poiché un politico non crede mai in quello che dice,  quando viene preso alla lettera,  rimane sempre molto sorpreso”.  Ma resta soltanto una tentazione. La realtà è  più cruda.

Con  gli emendamenti passati  in queste ore  in Commissione si è avviato, infatti,   un percorso  sistematico di demolizione delle misure di contenimento della spesa proposte dal Governo Crocetta; misure che, è bene ricordarlo, rappresentano la condizione irrinunciabile per accedere agli aiuti statali. Insomma il solito corollario:  stabilizzazioni, proroghe di ex PIP, riconferma delle pensioni e di altri privilegi per i regionali, salvaguardia di precari e  forestali. Un tripudio di norme di spesa, con una ciliegina sopra: riaprire dopo 15 anni le maglie delle assunzioni alla Regione.

Questa linea politica, che a prima vista evoca un percorso suicida, assume però i toni a noi più familiari della “clientela”. Si avvicinano le elezioni amministrative e cresce con esse il desiderio di non deludere i propri  “assistiti”. Del resto il tentativo messo in atto dall’Assessore all’Economia  Baccei (del pro console,  come lo definisce con sprezzo  una politica sempre più insofferente)  per allineare gli  stipendi dei sindaci ed i gettoni dei consiglieri comunali al resto d’Italia,  si è infranto, prima, davanti ad un problema procedurale  ed è naufragato, poi,  tra i marosi che hanno travolto la riforma delle ex province.

Stormi di grandi elettori,  quali rappresentano tanti consiglieri comunali per tanti deputati regionali,  possono ritenere di avere così salvaguardato una posizione di ingiustificabile privilegio. Ma cinque milioni di Siciliani possono solo entrare in uno stato di forte irritazione - per dirla con un eufemismo -  in presenza di scelte incomprensibili e dannose, che perpetuano un modello di spesa improduttiva, che sottraggono ancora una volta risorse agli investimenti, che privilegiano 200 mila persone (a stipendio regionale)  a danno di 700 mila (disoccupati ed inattivi), che penalizzano la società con  infrastrutture e servizi pubblici sub-umani, che fanno ormai della Sicilia il sud del sud.

Come diceva Enrico Berlinguer,   “quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora, ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi ed intollerabili privilegi”. Ma neanche il grande leader della Sinistra italiana sembra poter fare  breccia nel muro di oscurantismo che oggi avviluppa la politica siciliana.

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