ABUJA. Sale ancora il bilancio delle vittime degli attentati di Boko Haram in Nigeria contro i seggi delle elezioni presidenziali e politiche. Nel nordest del paese, roccaforte dei fondamentalisti islamici, i morti in cinque attacchi distinti sono saliti a 41. A centinaia di persone è stato impedito di votare, sotto la minaccia delle armi. Nel sud del paese, nello stato di Rivers, si segnalano tre persone, fra le quali un militare, uccise a colpi di pistola. Due autobomba sono esplose vicino ai seggi nel sudest del paese, ma senza provocare feriti.
La Nigeria è andata al voto, per eleggere presidente e parlamento, tra l'incubo di Boko Haram che non ha mancato di attaccare i seggi come «promesso» dal suo leader, Abubakar Shekau, e i rinvii dovuti a «problemi tecnici» del nuovo sistema elettronico. Almeno 41 persone sono state uccise in cinque diversi attacchi nello Stato di Gombe, nel nordest del Paese, regione martoriata dai jihadisti che si ispirano all'Isis, dove i miliziani, armi in pugno, hanno costretto gli elettori di almeno tre villaggi a lasciare i seggi.
Due autobomba sono esplose in altre due sezioni elettorali nello stato di Enugu, nel sudest, dove secondo la polizia non ci sono state vittime. In alcuni casi non è stato subito chiaro se gli attacchi fossero stati compiuti dagli estremisti islamici o fossero il frutto di scontri politici. «Ma qual è la differenza?», ha detto un testimone all'emittente britannica. L'orrore dei fondamentalisti di Boko Haram ha insanguinato anche la vigilia elettorale. E in uno dei modi più macabri: 23 persone sono state decapitate con una motosega nella notte tra venerdì e sabato nel villaggio di Buratai, a circa 200 km da Maiduguri, capitale dello Stato del Borno.
Proprio ieri il ministero della Difesa nigeriano aveva annunciato di aver distrutto i centri di comando di Boko Haram a Gwoza, sempre nel nordest, uccidendo «diversi terroristi del Califfato» e catturandone molti altri. Ma il gruppo jihadista è riuscito comunque a dare seguito alle minacce del suo leader che a febbraio aveva avvertito in un video su Twitter: le elezioni «non si svolgeranno in un clima pacifico, anche se ciò dovesse costarci la vita». La violenza jiahdista dovrà essere la priorità della prossima presidenza nigeriana per la quale si sfidano il capo di Stato uscente, il cristiano Goodluck Jonathan del Peoplès Democratic Party, e Muhammadu Buhari, generale musulmano ed ex dittatore. Proprio in nome della sicurezza le elezioni inizialmente previste per il 14 febbraio erano state rinviate, a una settimana dal voto, al 28 marzo.
Circa 70 milioni di cittadini sono stati chiamati alle urne nel Paese più popoloso dell'Africa (170 milioni di abitanti), con un nuovo sistema di identificazione degli elettori, che include le carte biometriche. Ma in alcune aree della Nigeria, compresa Lagos, «problemi tecnici» nel sistema di riconoscimento dei votanti hanno impedito il normale avvio delle operazioni di voto che sono state rinviate a domani dalla Commissione elettorale. Slitterà di conseguenza anche l'annuncio dei risultati (che erano stati promessi entro le 48 ore). Nei giorni scorsi Jonathan e Buhari hanno siglato un accordo assicurando che rispetteranno il risultato del voto, a patto che si svolga senza brogli, per evitare le violenze seguite alle elezioni del 2011.
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