PALERMO. Fino a qualche giorno fa hanno lavorato in musei e siti archeologici, ma ora sono stati sospesi e resteranno a casa pur percependo un sussidio dalla Regione. Quello che lo stesso assessore ai Beni culturali, Antonio Purpura, definisce «un paradosso» nasce da un complicato intreccio di norme sul lavoro e (soprattutto) casse vuote.
In estrema sintesi, non avendo i soldi per pagare le assicurazioni, l’assessorato ai Beni culturali ha preferito sospendere 260 precari malgrado un altro ramo della Regione continui a pagarli con un sussidio da poco più di 500 euro al mese.
Il caso riguarda una particolare categoria di precari, si chiamano Asu. Nella galassia dei beni culturali lavoravano in 260 ma da tempo si tenta di allargare l’impiego a mille persone. Tutto è filato liscio fino a fine gennaio. Poi si è posto il problema dell’assicurazione Inail (obbligatoria) e di quella per responsabilità civile verso terzi che l’assessorato ai Beni culturali ritiene necessaria ma che i sindacati definiscono superflua. In entrambi i casi il risultato non cambia: soldi in cassa non ce ne sono. E il direttore dell’assessorato, Rino Giglione, ha comunicato ai sindacati e agli Uffici provinciali del lavoro la sospensione di queste 260 persone. Decisione che fa automaticamente tramontare anche la possibilità di impiegarne altri 800.
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