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La lezione della Shoah e i diritti dei popoli

L’Italia più di altri Paesi ha l’obbligo di non minimizzare su ciò che portò allo sterminio degli ebrei. Allo stesso tempo, non si può negare ai palestinesi la facoltà di vivere in uno Stato del tutto loro

Trascorso il Giorno della memoria della Shoah, quest’anno coincidente con l’ottantesimo della chiusura del lager di Auschwitz, va detto che in Italia abbiamo un compito che non può esaurirsi nel partecipare a cerimonie istituzionali e alle rituali dichiarazioni di sostegno e solidarietà al popolo ebraico. Gli italiani, insieme ai tedeschi, hanno la responsabilità di aver generato quel mostro nazi-fascista che nel giro di qualche lustro portò la guerra in Europa e nel mondo, a cominciare dalla persecuzione sistematica degli ebrei fino al loro sterminio industriale con la soluzione finale.
Indicibile, ma finalmente narrabile grazie ai sopravvissuti ai campi di stermino, l’abisso, l’eclissi della civiltà occidentale che si consumò in quegli anni.

Tra loro Liliana Segre, nominata qualche anno addietro Senatrice a vita dal presidente Mattarella, proprio a suggellare il debito inestinguibile di tutti gli italiani verso gli ebrei di ieri, di oggi e di domani. Ecco il compito che spetta a tutti noi, da adempiere ogni giorno: in Italia nessuno deve alzare un dito su un ebreo, a cagione della sua appartenenza a quel popolo. In Italia, nessuno deve negare, minimizzare o ridimensionare non solo lo sterminio degli ebrei ma anche tutto ciò che lo permise, a partire dalle infami legge razziali varate dal regime fascista nel 1938. Non sembri scontato: che negli ultimi anni si assiste a una recrudescenza di antisemitismo diffuso (addirittura quadruplicato nell’ultimo anno) è un dato indiscutibile.

E occorre farsene carico. Né basta rifugiarsi nelle legittime critiche alla politica degli israeliani dopo le stragi del 7 ottobre compiute da Hamas: si può censurare con ogni parola, le più dure e meritate possibili, la guerra intentata da Netanyahu contro i palestinesi a Gaza, senza per questa via avallare, rinfocolare forme più o meno occulte di antisemitismo. È la libertà di pensiero e di parola riconquistata grazie ai partigiani, anche ebrei, dopo la seconda guerra mondiale con il ripristino della democrazia e la nascita della Repubblica, che oggi ci consente di trovare le parole giuste per esprimere la nostra opinione, qualunque sia, sul conflitto israelo-palestinese.

In quest’ottica, è l’orrore dei lager, la memoria di un folle genocidio contro un popolo, quello ebraico, che deve darci la forza di non tollerare l’abbandono di un popolo al suo destino, il popolo palestinese, oggetto e ancora non soggetto della politica internazionale tanto da spingere il presidente Trump a ipotizzare un loro «trasferimento» da Gaza in altri paesi arabi, la Giordania o l’Egitto. Solo ipotizzare un’operazione del genere, significa tradire il patto di civiltà stipulato dalle democrazie occidentali dopo la sconfitta dei nazi-fascisti: mai più un popolo discriminato fino al punto da privarlo della terra e quindi del diritto ad esistere. Non lo chiameremo genocidio, ma qualcosa di simile sì. E noi italiani non ce lo possiamo permettere.

Noi italiani no. Il diritto a esistere di Israele non può giustificare la negazione del diritto di esistere dei palestinesi in uno stato tutto loro. E gli italiani non possono non mostrarsi equiprossimi a due popoli, l’ebraico e il palestinese, che hanno diritto a vivere in sicurezza e con la protezione anche nostra.

Abbiamo assistito sgomenti alla strage di inermi ragazze e ragazzi ebrei lungo i confini di Israele ma anche alla strage di civili e di migliaia di bambini durante la lunga guerra asimmetrica e sproporzionata scatenata dal governo israeliano per ritorsione contro la popolazione di Gaza. Ora basta. Basta il Far West, la legge del più forte. Lo dobbiamo alla nostra memoria e anche ai sopravvissuti allo Shoah.

Il futuro di pace del Medio Oriente va scritto e riscritto con la pazienza di Giobbe e il coraggio di David, profeti del Grande Libro che tutti ci unisce, a prescindere dalla religione che pratichiamo o non pratichiamo più o meno convintamente. Ripartiamo dagli accordi di Abramo senza indugi. «Là era un monte, ora c’è un abisso. Il mare pietrificato si trasformò in montagna e i lampi si cristallizzarono in laghi. Sopravvivere a tutti i mutamenti è il tuo destino (…) Gli uomini non finiscono».

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