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Bergoglio, severità evangelica

«Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare» (Matteo 18,6). È uno dei passi più terribili dei Vangeli, in cui stentiamo a riconoscere Gesù e il suo comandamento dell'amore per il prossimo.

I teologi hanno interpretazioni differenti del testo e della parola «piccoli»: non sarebbero solo i bambini ma anche tutti i poveri e gli indifesi, i piccoli nella fede (Ravasi). Al di là di ciò, è comunque questo il passo che si cita spesso, nell'accezione popolare, a proposito della piaga della pedofilia nella Chiesa e della severità con cui dovrebbero essere puniti gli abusi sui bimbi.

Ebbene: oggi, a quasi duemila anni da quando furono scritte queste frasi, per la prima volta nella storia un Papa ha avuto il coraggio di convocare una riunione con circa 190 vescovi e rappresentanti della comunità cattolica da tutto il mondo proprio su questo argomento. Per ascoltare i racconti delle vittime dei preti pedofili e per recitare un mea culpa senza precedenti. Nel suo discorso finale Francesco ha scritto: «Ogni abuso è una mostruosità. Nella rabbia, giustificata, della gente la Chiesa vede il riflesso dell'ira di Dio». Il sacerdote, «scelto da Dio per guidare le anime alla salvezza», che «si lascia soggiogare dalla propria fragilità umana, o dalla propria malattia», diventa così «uno strumento di Satana», mentre «negli abusi noi vediamo la mano del male che non risparmia neanche l'innocenza dei bambini». E i colpevoli non sono solo i pedofili ma anche coloro che hanno insabbiato le accuse. Nella Chiesa - aggiunge il Papa - occorre «cambiare mentalità» e «combattere l'atteggiamento difensivo-reattivo a salvaguardia dell'Istituzione... la Chiesa non si risparmierà nel compiere tutto il necessario per consegnare alla giustizia chiunque abbia commesso tali delitti. La Chiesa non cercherà mai di insabbiare o sottovalutare nessun caso».

Come se non bastasse la pars destruens, questo terribile anatema sugli abusi e le complicità, il Papa aggiunge anche una pars costruens. Lui stesso, d'altronde, aveva detto in apertura del confronto in Vaticano che bisognava «essere concreti» e non limitarsi alle «scontate condanne». E proprio ieri è stato annunciato un Motu proprio del Pontefice (che sarà reso noto nei prossimi giorni) mentre si apprende che è imminente la pubblicazione da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede di un vademecum che aiuterà i vescovi del mondo a comprendere chiaramente i loro compiti.

In attesa dei documenti per una più compiuta valutazione, la chiave del problema è tutta qui: qual è il dovere del vescovo? È obbligato a denunciare il prete pedofilo alla magistratura? La riunione in Vaticano ha affrontato 21 proposte giunte da tutto il mondo. Al numero 5 di questa road map c'è proprio questo tema: «Bisogna informare le autorità civili e le autorità ecclesiastiche superiori nel rispetto delle norme civili e canoniche». Al momento, infatti, la Chiesa non ha una norma univoca, con la conseguenza che certe Conferenze episcopali nel mondo prevedono l'obbligo e altre no. Tra queste ultime anche la Cei, che negli anni passati giustificava tale mancato obbligo col fatto che «il vescovo non è un pubblico ufficiale». Adesso anche per i vescovi italiani sembra vicino un passo avanti. E il presidente della Cei, il bergogliano cardinale Gualtiero Bassetti (che ha preso il posto che fu di Ruini e Bagnasco) proprio in questi giorni ha annunciato che «sarà decisiva la prossima assemblea dei vescovi a maggio. Non escludo che, là dove l'accusa si riveli verosimile, si affermi un dovere di denuncia. A maggior ragione questo si impone quando c'è un pericolo fondato di reiterazione dell'abuso. La tutela della cura dei minori deve costituire il criterio prioritario, anche quando esige scelte sofferte».

Vedremo nei prossimi mesi il frutto del dibattito di questi giorni e la concretezza dei provvedimenti. Intanto, però, va annotato un altro risultato: Francesco, senza infingimenti e con abile strategia, esce ancora una volta rafforzato da questa fase. E mette a tacere, anche sul fenomeno dei preti pedofili, l'ala conservatrice che continua ad attaccarlo come mai è avvenuto con un Pontefice, almeno negli ultimi secoli. Basta citare due episodi: il dossier contro Bergoglio pubblicato da Der Spiegel a settembre; la nuova lettera dei cardinali (Burke e Brandmuller) - già firmatari dei dubia contro la comunione ai divorziati risposati - che hanno puntato il dito proprio all'inizio del vertice contro «la piaga dell'agenda omosessuale diffusa all'interno della Chiesa». Nel caso dei dubia una risposta di Francesco non arrivò mai. Non arriverà neanche stavolta. Bergoglio (82 anni compiuti il 17 dicembre) scuote dai calzari la polvere delle accuse di tiepidezza sulla pedofilia. E si avvia al traguardo dei 6 anni di pontificato il 13 marzo prossimo. Viene da ricordare quanto scrisse il New York Times pochi mesi dopo l'elezione: «Questo Papa non vuole cambiare la chiesa, vuole cambiare il mondo».

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