Alessandro Baccei, assessore all'Economia, non poteva essere più chiaro: la Regione ha soldi in cassa fino ad aprile. Dal primo maggio anche gli stipendi dei dipendenti saranno a rischio. Ha presentato un menu di tagli che colpiscono per due miliardi le uscite per il personale. Nel mirino anche i permessi sindacali che, secondo la Corte dei Conti, sono in Sicilia dieci volte più alti rispetto alla media nazionale. Uno squilibrio che deve essere sanato. Tanto più adesso che le inefficienza del pubblico impiego sono pesantemente sotto accusa.
C’è da aggiungere che già il governo nazionale è intervenuto sul tema dei permessi sindacali attraverso il decreto Poletti che li ha tagliati drasticamente. E la Regione siciliana che cosa fa? Per il momento nulla. Sono anni che si parla dello scandalo dei distacchi e, pubblicamente, non c'è mai stato esponente politico che li abbia difesi. Tranne poi mettersi di traverso quando si tratta di tradurre le parole in atti legislativi. Speriamo che adesso sia la volta buona perché questo privilegio sta diventando odioso. Che cosa aspetta la politica a intervenire? Conosciamo già l'obiezione: la solita alzata di spalle per dire che ben altri sono i problemi della Sicilia e del suo bilancio. Ed è dunque da quelli che bisogna partire senza mettersi a perdere tempo con un fatto marginale come i permessi sindacali.
Proprio perché sappiamo che il «benaltrismo» è la maniera migliore per lasciare le cose come stanno, diciamo subito che non bisogna tralasciare niente. Tantomeno il problema dei tanti fannulloni travestiti da sindacalisti. La sproporzione con il resto del Paese non è tollerabile. Soprattutto se i vertici della Regione dovranno andare a Roma con il cappello in mano. È immaginabile che il governo aprirà la cassa solo a fronte di impegni forti. Altrimenti è facile immaginare l'insorgere dell'opinione pubblica nazionale per i soliti regali alla Regione più spendacciona d'Italia. Bisogna rendersi finalmente conto che Palermo, nei confronti di Roma, si trova ormai nella stessa condizione della Grecia verso la Germania: non ci sono più pasti gratis per nessuno. Con l'aggravante che la Sicilia, a differenza di Atene, non può nemmeno giocare la carta nazionalistica.
Questa novità impone anche al sindacato una riflessione: da che parte vuole stare? Da quella dello sviluppo che passa attraverso i tagli alla spesa improduttiva per destinare risorse alla crescita, oppure vuole trasformarsi in una ipercasta? Ora ha l'occasione per fare la scelta di campo.
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