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I giorni dell’ira negli Usa: città assediate tra sangue, rabbia e prediche politiche

Ad inasprire ancora di più gli umori sono i contrasti fra le istituzioni, come quelli tra polizia e sindaco nella Grande Mela

Per il sindaco di New York è come se avessero sparato anche a lui. E in effetti hanno già cominciato a farlo, sia pure con pallottole verbali ma ben mirate. Da settimane e mesi Bill de Blasio si era dedicato, assieme ad altri uomini politici americani, a lenire le piaghe di un fenomeno che, più o meno sott'acqua, si andava diffondendo da anni in tutti gli Stati Uniti ma, come sempre accade nella Metropoli, con più clamore nei canyons urbani della Grande Mela.
La serie si era inaugurata in un anonimo sobborgo di una cittadina del Missouri, ma presto c'erano stati dei luttuosi bis e si erano aperti due «processi»: uno per difendere i cittadini americani di pelle nera da un trattamento «privilegiato» da parte di molti agenti di polizia: un privilegio negativo, le cui radici risalgono addirittura nei secoli ma che si era inasprito una ventina di anni fa con una «punta» di criminalità violenta e con una reazione che andò sotto il nome di Legge e Ordine e, proprio a New York, con lo slogan coniato da un sindaco italoamericano, Rudy Giuliani, «Tolleranza Zero».
L'ondata di dimostrazioni non si è ancora spenta dopo settimane e mesi. I politici più responsabili si sono sentiti obbligati a intervenire non solo a chiacchiere. Il ruolo guida non poteva toccare che a De Blasio: perché è alla guida della città che molto spesso dà il «la» ai mutamenti di umore di tutta l'America e perché lo aveva promesso anche prima di essere eletto e dunque in anticipo sulla ondata di lutti e di emozioni che ha reso il problema più urgente e dominante.

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