La «requisitoria» di Maurizio Graffeo, giudice della Corte dei Conti, impone una riflessione attenta. Il magistrato annuncia che la stabilità del bilancio della Regione è a rischio. Il capo d’accusa è circostanziato. Nel mirino c’è il personale il cui peso contabile potrebbe inabissare l’intera barca.
Raramente si erano sentiti toni così appuntiti e, soprattutto, così mirati. Un marziano che sorvolasse la Sicilia assisterebbe ad uno spettacolo inconsueto per tutta la galassia. Vedrebbe un palazzo traboccante di dipendenti, che sono anche inamovibili e in un numero assolutamente fuori dal comune: almeno dieci volte più del necessario secondo i parametri correnti. Certamente darebbe gas all’astronave per scappare.
La Sicilia coltiva vizi incompatibili con il resto del Paese. L’Autonomia è ormai diventata un alibi dietro quali nascondere privilegi e benefici assolutamente unici. Lo Statuto era nato per dare al territorio una marcia in più. Si è trasformato nello scudo per distribuire senza controlli le risorse pubbliche. Solo che adesso la marea è calata e affiorano gli scogli. La politica, per essere credibile e restituire fiducia ai cittadini, dovrebbe farsi carico della rottamazione di questo passato assai poco luminoso. Invece si assiste alla torsione contraria: le poche risorse che ancora arrivano vengono catturate allo scopo di alimentare le ultime esangui clientele. Come spiegare altrimenti il fatto che per forestali e precari i finanziamenti si trovano sempre? Raramente, invece, quando si tratta di sostenere le imprese.
Eppure dovrebbe essere chiaro che solo attraverso la crescita del sistema produttivo sarà possibile restituire il futuro alle giovani generazioni, Invece si preferisce ancora il sistema delle mance da distribuire in modo pulviscolare. Al centro dell’incantesimo una burocrazia, come denuncia Graffeo, immobile e autoreferenziale. Costosa e inutile. Per quanto ancora la politica riuscirà a conservare l’omertà su questo scandalo? Quando troverà, finalmente, la forza di dire basta?
Infatti basta dire basta. Perché è giunto il momento di prendere consapevolezza del parametro inverso. Il consenso nasce giocando all’attacco. Non chiudendosi a difesa del passato. Soprattutto se poco nobile.
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