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Alessandro Da Rold: «La minoranza Pd non lascerà Renzi, sarebbe solo un salto nel buio»

Per il giornalista de Linkiesta: «lo scontro sull’articolo 18, unito alla crisi senza fine, potrebbe portare a un autunno di proteste in piazza»

PALERMO. «La “cosa sinistra”, come qualcuno l’ha ribattezzata in questi anni, ha ricominciato a muoversi». Lo afferma Alessandro Da Rold, giornalista de Linkiesta.it. «L’impronta “liberal”, per altri democristiana, data dal segretario e premier inizia a farsi sentire», sostiene Da Rold. Intanto il Senato ha votato «sì» alla fiducia sul Jobs Act. Un "via libera" che è arrivato al termine di una giornata piena di tensione, con malumori anche all'interno dello stesso Partito democratico.
Che autunno si appresta a vivere la sinistra italiana?
«Potrebbe essere un autunno di cambiamento. Lo scontro politico che abbiamo visto in questi giorni sulla modifica dell’articolo 18 rischia di ampliare una spaccatura ormai evidente tra il nuovo Partito democratico a trazione renziana e quello legato alla vecchia ditta degli ex Ds. A questo si aggiunge una crisi economica senza fine che tocca soprattutto i giovani, il malumore dei sindacati e un Movimento Cinque Stelle che sta perdendo mordente. Grillo è riuscito in questi anni a canalizzare il dissenso giovanile sul web, ma i grillini convincono sempre meno. C’è il rischio di un ritorno di proteste nelle piazze, dove la sinistra più radicale ha sempre trovato consensi».
Andando al rapporto che c’è attualmente tra il Partito democratico e il suo leader: quale impronta comincia oggi a pesare sullo stesso partito?
«Renzi è portatore di una certa “americanizzazione” della politica italiana, che cozza però con la “struttura” antica del nostro Paese. Il premier e segretario ha capito che per intercettare consenso e voti non serve un partito pesante come quello che intendeva fino a qualche anno fa Bersani. Invece che parlare al vecchio popolo, Renzi vuole parlare al nuovo: preferisce intercettare nuovi elettori, non nuovi iscritti. Per questo il problema del crollo del tesseramento nel Partito democratico non è un problema per Renzi, anzi. Meglio un partito leggero, con meno costi, che un apparato da dover mantenere con il finanziamento pubblico che andrà diminuendo anno dopo anno».

 

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