Soffrono le aziende artigiane, che dalla Regione aspettano ancora circa 200 milioni come contributi per le assunzioni fatte negli anni Novanta. Intanto, per il risanamento dei conti e il riammodernamento della macchina burocratica, la Cna Sicilia lancia una sfida al governo e all'Ars: «Si dismettano e si privatizzino tutte le società partecipate. Stop alla Regione tutto fare e imprenditrice. Le partecipate sono state create e utilizzate solo come bacino elettorale e per promettere assunzioni, non fanno altro che inquinare il mercato e far lievitare la spesa pubblica», tuona Giuseppe Cascone, presidente regionale della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa.
Presidente, la tensione a livello politico è altissima. Il governo appare in forte affanno, tra denunce, dimissioni e mozioni di censura. L'opposizione è sul piede di guerra, mentre i consumi delle famiglie risalgono solo lentamente e le aziende artigiane siciliane muoiono.
«Secondo gli ultimi dati Istat, in Sicilia dal 2001 al 2013 c'è stato un crollo del Pil del 6,6 per cento, a fronte di quello nazionale che è stato dello 0,2 per cento. Sul fronte occupazionale si continuano a perdere circa 40 mila occupati all'anno, dal 2008 al 2013 sono circa 240mila i siciliani che hanno perso il lavoro. Dietro le cifre ci sono le storie di migliaia di famiglie. Un bollettino di guerra, che ha raggiunto il culmine quest'anno: nei primi sei mesi sono andati in fumo 37 mila posti di lavoro. Le aziende più colpite sono quelle delle costruzioni e del manufatturiero, che comprende anche la Fiat, il metalmeccanico e l'agroalimentare. In base, poi, ai dati Unioncamere, negli ultimi sette anni sono state cancellate 33 mila aziende. Solo nel settore dell'artigianato, hanno chiuso i battenti più di 8 mila imprese».
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