Le scadenze della legge di bilancio si avvicinano ed il governo di Roma preme sull'acceleratore della spending review mettendo nel mirino, tra l'atro, la sanità. L'annuncio di «tagli» alla spesa sanitaria provoca sempre reazioni forti e diffuse; tuttavia questa tipica risposta dell'opinione pubblica porta con se un rischio forse peggiore del taglio indiscriminato; è quello di ricomprendere nella sfera delle spese intoccabili anche sprechi, abusi e ruberie.
La sanità siciliana fornisce una dimostrazione plastica; nessuno auspicherebbe una riduzione dei relativi fondi, eppure gli sperperi alimentano un aggravio di spesa che sarebbe quanto mai opportuno aggredire, non soltanto per conseguire i pur necessari risparmi nella spesa pubblica, quanto per liberare risorse finanziarie da destinare all'innalzamento della qualità del servizio. I «pronto soccorso» siciliani, ad esempio, sono il più delle volte biasimevoli.
Sulla strada del risanamento, la sanità siciliana ha già conseguito risultati apprezzabili; appena nel 2007 i conti si chiudevano con un deficit di 618 milioni di euro, mentre il 2013 porta in dote un avanzo di sei milioni di euro. E' un bel risultato non c'è che dire. Anche a livello di singole aziende sanitarie il passo in avanti è stato notevole; i disavanzi pregressi sono passati da 1.200 milioni ad appena 260 milioni. E persino il baluardo delle consulenze e delle collaborazioni è stato eroso; soltanto lo scorso anno la spesa per consulenze si è contratta del 53% e quella per collaborazioni del 29%.
Anche le prestazioni sanitarie hanno dato segnali in positivo. Flettono da alcuni anni tanto il numero dei ricoverati che il numero delle giornate di degenza; insomma meno ricoveri impropri e maggiori risparmi. E' migliorata l'assistenza domiciliare per gli anziani, riallineando la Sicilia al resto del Paese. Qualche cosa va ancora rivista nella dotazione di posti letto, dove forse si è ecceduto nei tagli dei posti per acuti; rispetto allo standard nazionale, in Sicilia mancano infatti 1.350 posti per acuti e (da sempre) 1.550 per lungo degenti.
C'è ancora tanta strada da fare, come dimostrano i «viaggi della speranza»; quegli stessi che vedono ogni anno 50 mila siciliani richiedere assistenza alle strutture sanitarie in altre parti del Paese le quali, peraltro, non mancano poi di presentarci il conto. Soltanto nel 2012 la Sicilia ha pagato una fattura di 200 milioni di euro.
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