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Permessi sindacali, silenzi indecenti

Forse perché frastornati dal dibattito «surreale» ancora in corso sul Piano giovani, istituzioni e forze politiche hanno sepolto sotto un silenzio indecente l’ennesima frattura tra la Sicilia ed il resto del Paese; mentre il Governo di Roma ha varato un drastico ridimensionamento dei permessi e dei distacchi sindacali nella pubblica amministrazione, l’idea di applicare gli stessi criteri anche in Sicilia ha cozzato invece contro un muro di indifferenza.
In verità si è levata la voce critica delle rappresentanze sindacali; e dire che persino un signore di nome Landini, agguerrito segretario generale della FIOM-CGIL, ha apposto qualche mese fa la propria firma sull’accordo che ha riguardato la Electrolux di Pordenone, accogliendo una riduzione dei permessi del 55%, addirittura superiore a quelli decisi dal Parlamento italiano (50%).
Sarebbe necessario riflettere - e bene farebbero istituzioni e forze politiche in Sicilia - sul fatto che non stiamo discettando del sesso degli angeli, ma di pesanti aggravi per la spesa pubblica.
Dario Di Vico sul Corriere della Sera di ieri, dimostra, dati alla mano, che certi privilegi hanno nel pubblico un costo decisamente più alto che nel privato. Come se le spese a carico del pubblico fossero una variabile indipendente.
In sostanza, scrive Di Vico, i permessi incidono per lo 0,6% del costo del lavoro in una grande fabbrica privata, mentre nel pubblico variano dal 3% al 5%.
Non osiamo immaginare, al di là di questo già gravoso valore medio, che cosa possa succedere in territori «speciali» come la Sicilia, dove la Corte dei Conti ha più volte stigmatizzato numeri decisamente eccedenti rispetto al resto del Paese; numeri che curiosamente hanno finito con il confermare anche alcune sigle, quando hanno tenuto a precisare che i permessi sindacali in Sicilia non sarebbero pari a dieci volte quelli statali ma bensì appena... a quattro volte!

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