Una commissione dell’Ars si sta occupando dei tagli a Sala d’Ercole. Il mandato discende dal decreto sulla riduzione dei costi della politica varato l’anno scorso da Monti.
In testa alla lista figura la riduzione degli stipendi dei novanta componenti dell’aula. In quattro mesi la commissione non è arrivata a nulla. Ieri il suo presidente, Antonello Cracolici, si è dimesso parlando di ostruzionismo. Sembra chiaro che i deputati sono decisi a ignorare i limiti previsti dalla nuova legge, che fissa in 11.100 euro lordi lo stipendio del parlamentare regionale e in circa 13.300 euro (sempre al lordo) quello del presidente dell'Assemblea.
È appena il caso di notare che i provvedimenti contenuti nel decreto Monti valgono per tutto il Paese. Tranne, evidentemente, per i novanta parlamentari dell’Ars che coniugano il principio dell’Autonomia con la liberta di privilegio. Una dimostrazione che in Sicilia non si vuole cambiare. Tanto meno da parte di quanti, per ruolo politico e istituzionale, dovrebbero dare l’esempio. Vogliono nuotare sempre nell’acqua che conoscono. Non importa se è torbida e limacciosa. È la loro acqua.
Ma c’è di più. Recitava un famosissimo titolo di un settimanale tanto tempo fa: «Capitale corrotta, nazione infetta». Vuol dire che il buon esempio deve arrivare dalle classi dirigenti. Se abdicano a questo ruolo è evidente che finisce tutto in malora. In questo caso l’esempio di immobilismo viene proprio da quei rappresentanti eletti dal popolo che dovrebbero fornire l’esempio migliore. Invece sono i primi a farsi paladini della peggior conservazione. A parole si dicono favorevoli al cambiamento. Nella realtà si tengono ben stretti privilegi e prebende. E allora perchè stupirsi del proliferare degli scandali di cui anche oggi (a pagina 2) diamo ampiamente notizia sul giornale? Perché restare esterrefatti per il buco nero e maleodorante della Formazione su cui, ancora ieri, l’assessore Scilabra ha dovuto mettere mani, revocando un finanziamento. Adesso ci sarà la consueta coda di polemiche. Tuttavia è chiaro che non c’è alcuna cura dell’interesse generale. Non da parte della politica e nemmeno dei vertici amministrativi. Come spiegare altrimenti quanto accaduto nella sanità palermitana? Appalti della Asp bloccati quando ormai erano in dirittura d’arrivo. La revisione delle procedure ha portato ad un risparmio notevolissimo. Sprechi colossali che potrebbero essere abbattuti se solo gli uffici di vigilanza funzionassero. Invece nulla. Nessuno che controlla, nessuno che fa il proprio dovere. Nessuno che si renda conto che i soldi sono finiti e la Sicilia deve assumere comportamenti omogenei con il resto d’Italia e, verrebbe da dire, con il resto d’Europa. A cominciare dai deputati dell’Ars.
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