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Precari, ricominciamo?

di NINO SUNSERI
Tutti i precari siciliani saranno lasciati al loro posto. È l’impegno di Crocetta per evitare quella che, in campagna elettorale, ha definito macelleria sociale. Nessuno la vuole ma è certo che il prezzo della proroga è piuttosto alto: un altro anno di stipendio ai 18 mila impiegati degli enti locali con contratti a tempo determinato costa 300 milioni. Una spesa importante che andrà a carico della collettività: ma chi si occupa della macelleria fiscale ai danni dei contribuenti?
Da questo punto di vista, Crocetta ha già fatto alcuni passi avanti tagliando tutte le consulenze e annunciando sforbiciate del 20 per cento agli stipendi dei superburocrati. Ora deve andare avanti, come aveva promesso in campagna elettorale, dando una dimensione produttiva al problema dei precari. Una piaga che si cura con tre medicine. La prima è il censimento. Bisogna conoscere, una volta per tutte, da quanti individui è composta questa popolazione. Non si può procedere per semplici approssimazioni che, per la loro imprecisione, lasciano aperta la strada a sorprese. Dopo aver stabilito il numero, bisognerà anche capire che cosa fanno. Non è possibile avere sette giardinieri dove ne basterebbe uno solo o una quantità esagerata di sorveglianti laddove sarebbe sufficiente l’acquisto di una telecamera. Sappiamo bene da dove nasce questo spreco. Il sistema di reclutamento dei precari avveniva a canone inverso. Prima veniva lo stipendio e poi, forse, il lavoro. È giunto il momento di rimettere a posto il paradigma.
Questa rivoluzione, visto che il presidente Crocetta ama tanto l’spressione, significa annullare la procedura di «interpello». Non è il lavoratore che sceglie dove andare ma la dirigenza che decide la collocazione. La mobilità del personale deve diventare la regola e la formazione un’esigenza primaria per facilitare gli spostamenti.
Il presidente ha già fatto sapere che il primo approccio potrebbe riguardare i musei e gli altri bacini culturali della Sicilia. I precari potrebbero essere destinati alle biglietterie e ai servizi accessori per i siti archeologici (finora dati in appalto all'esterno). Un lavoro certamente utile. Ed è una prima soluzione. Ciò non può riguardare, ovviamente, la totalità del personale ma quanto meno dimostra la volontà di affrontare il problema dal lato economico e non solo assistenziale. Senza dimenticare che governare vuol dire prendere decisioni, non certo rifugiarsi nel buio delle proroghe.

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