Dopo le elezioni comunali, si dice, vale il gioco delle bandiere. Per capire chi ha vinto e chi ha perduto bisogna verificare il colore dei candidati che conquistano i comuni. Così ha vinto il Pd. Che si conferma partito centrale del centrosinistra. Il Pdl è visibilmente sconfitto. Dalla Lombardia alla Sicilia perde quota. Non va meglio per la Lega, benché da sola. Competeva per sette municipi: li ha persi tutti. Ma il conto delle bandiere offre consolazioni magre ai vincitori. Da queste elezioni viene fuori uno stato delle cose complicato. Si è alla difficile tenuta del nostro sistema politico. Nessuno dei due grandi partiti, Pdl e Pd, supera il trenta per cento dei voti. Ciascuno resta molto al di sotto dell’asticella. Gli altri rimangono sospesi tra il sei e il dieci per cento.
In un quadro che vede ancora molte incertezze sulle alleanze. Non l’accordo tra Pdl e Lega. Il Pd sospeso tra intese a sinistra e apertura verso il centro. Il Terzo polo che non decolla. Tutto questo quando nel paesaggio si intrecciano disaffezione crescente verso le vecchie cose e successo dirompente delle nuove. O che appaiono tali. La vittoria dei grillini che conquistano Parma lo dimostra. Quando si delinea un’alternativa, i vecchi partiti perdono. Il grillismo può piacere o no. Ma è ormai sbagliato liquidarlo come protesta senza proposta. È un movimento di segno nuovo. Che si costruisce tra dialoghi e incontri in rete. Spendendo il proprio tempo e i propri soldi. Senza finanziamenti distrutti in ville e paghette. Chiedono cose non sempre possibili, spesso impossibili o inaccettabili (perlomeno noi ne accettiamo pochissime). Ma fanno politica. Non antipolitica. Suscitano interesse ed emozioni. Sanno che la gente chiede ormai altro. Loro sanno darlo. In questo contesto bisogna valutare il dato di Palermo. Perché a Palermo si intrecciano novità e continuità. Il successo di Leoluca Orlando si nutre dell’una e dell’altra. Scende in campo con un manifesto accorto. Foto dall’alto: vestito di scuro, cravatta sobria, posa da professore. Con lo slogan: “Il sindaco lo sa fare”. Per contrapporsi ai giovani competitors senza esperienze comparabili. Ma irrompe nel campo a gamba tesa. Rompendo giochi e regole. Disconoscendo le primarie. Lanciando la candidatura a partita quasi cominciata. Ha vinto in modo pieno stracciando ogni avversario. Ma, anche qui, quando i partiti tengono poco. Già nel primo turno si asteneva dal voto un numero di palermitani superiore rispetto alla media nazionale. Al secondo turno la partecipazione ha avuto un crollo. Meno della metà degli aventi diritto è andato alle urne. Il rapporto tra politica, istituzioni e partiti è tutto da ricostruire. Nel tempo in cui ogni ricostruzione è difficile. Palermo intanto è fuori dall’ordinario nel rapporto tra il Comune e la città. Già il cardinale Paolo Romeo nel febbraio scorso era esplicito: “Guardo le elezioni con paura. Nessuno ripara le strade, o una lampada dell’illuminazione pubblica”. Negli uffici il cittadino non trova i servizi di cui ha bisogno. E può succedere che la Favorita, il “parco simbolo”, non trovi per settimane chi la ripulisca delle immondizie. Spazi incustoditi e di incerta proprietà diventano discariche. Cantieri per gli impianti d’illuminazione o per lavori di riparazione delle scuole si fermano pur essendo disponibili i soldi da spendere. C’è una lontananza devastante tra la gente e gli uffici senza differenze tra centro e periferia. Poi Palermo, lo dimentichiamo spesso, è città illegale. Colpita non solo dalla mafia: con una media di un pizzo richiesto ogni sei ore (il dato è della Corte di appello). Si e’ agli effetti di un territorio senza controllo. Orari non rispettati nel conferimento dei rifiuti. Discariche abusive in crescita: tutti possono gettare di tutto dappertutto. Stalli protetti per i disabili abusivamente occupati, con permessi intestati ai defunti o contraffatti. Furti ripetuti di vasi e fiori nei cimiteri. Traffico senza regole: motorini che scorrazzano dentro le ville, invadono i marciapiedi e si muovono nei sensi proibiti. Si impone una politica forte delle regole e della sorveglianza. Per affermare un interesse generale che prepotenti e incivili ogni giorno devastano. In questo contesto vuoto, Palermo deve programmare un futuro. Attraverso la riforma di un presente che mette i brividi. L’economia ha il suo centro nel commercio che si sgretola come tufo colpito dal martello. Offre prospettive sempre peggiori. L’invecchiamento della popolazione è alto. I giovanissimi flettono. Gli anziani lievitano. Negli ultimi dieci anni la popolazione è diminuita di trentamila unità. Il sistema industriale è debole. La presenza di imprese è scarsa. A livelli peggiori anche rispetto a capitali del centro sud come Napoli e Bari. Oltre al commercio, fonte di reddito è l’amministrazione pubblica. Ma si è qui alla patologia più forte che si intreccia con il punto di crisi maggiore. I nodi vengono al pettine. Palermo sconta oggi gli effetti di politiche scriteriate. Assunzioni su assunzioni decise senza ragioni economiche o amministrative. Sono state volute per combattere la disoccupazione. O meglio per allargare il consenso elettorale di partiti e correnti. Così Palermo si trova ad essere destinataria di quote di spesa pubblica ben maggiori rispetto al centro nord. Ma non può continuare. Deve riorganizzarsi per spendere meno e spendere meglio. Occorrono ristrutturazioni, tagli e alleggerimenti. Attraverso la ridefinizione di funzioni e mansioni in grado di aumentare la produttività. Palermo deve crescere. Può farlo attraverso il cambiamento. Scegliendo un percorso difficile per un rapporto diverso tra amministrazione pubblica e imprese private. Palermo è città straordinaria. Ha risorse eccellenti nella natura e nella cultura. Ha importanti tradizioni in vari mestieri. Deve saper credere in se stessa. Per farlo dovrà convincere altri a credere in lei. Dovrà rendere il suo territorio attraente per gli investimenti cui il capitale nazionale e internazionale può avere interesse. Dovrà stabilire un nuovo rapporto con l’Europa. Ottenendo e spendendo bene tutte le risorse possibili. Dovrà rendere snella ed efficiente la sua burocrazia che è lenta e pesante. Talora o spesso inquinata da corruzione e illegalità. Palermo è oggi una città debole. Frantumata da una politica rissosa e cinica, dove gruppi grandi e piccoli sono in guerra inseguendo l’interesse proprio. Può essere forte se la politica sarà forte. Comunicando ai palermitani il senso di una missione possibile. Palermo, la nostra, saprà rispondere nel modo giusto alle spinte giuste. Finora ha avuto dalla politica solo silenzi e assenze. Dobbiamo ricominciare da qui.
La difficile tenuta: l’Italia, Palermo…
A Palermo si intrecciano novità e continuità. Il successo di Leoluca Orlando si nutre dell’una e dell’altra. Scende in campo con un manifesto accorto. Foto dall’alto: vestito di scuro, cravatta sobria, posa da professore. Con lo slogan: “Il sindaco lo sa fare”. Per contrapporsi ai giovani competitors senza esperienze comparabili. Ma irrompe nel campo a gamba tesa. Rompendo giochi e regole
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