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Le famiglie costrette a risparmiare di più

Cala anche nel 2010 il potere di acquisto delle famiglie italiane, che chiudono comunque l'anno con un reddito disponibile superiore a quello del 2009. La contraddizione è solo apparente. Perché è vero che il reddito è aumentato (+0,9%) ma l'inflazione è salita ancora di più (+1,5%). La differenza fra questi due valori segnala un calo del potere d'acquisto dello 0,6%. Vuol dire che, nonostante l'aumento nominale di salari la quantità di beni e servizi acquistabili è leggermente scesa perché i loro prezzi sono cresciuti di più. È andata comunque meglio del 2009 quando il calo del potere d'acquisto era stato del 3,1%. E qualche segnale di ottimismo si registra nell'ultima parte dell'anno: nel quarto trimestre il dato ha registrato un incremento dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti, tornando sui livelli di fine 2009.
Non a caso nel governo si sentono accenti di soddisfazione. Per esempio il ministro Sacconi invita a «leggere la tendenza positiva al miglioramento anche allo scopo di alimentare ulteriormente quelle aspettative che sono sempre elemento importante della crescita economica».
In realtà quello che succede ha una spiegazione abbastanza semplice. La politica di contenimento della spesa imposta dal ministro Tremonti ha cominciato a dispiegare i suoi effetti. I tagli della spesa, infatti, hanno provocato la diminuzione della capacità di spesa delle famiglie. La situazione dei conti pubblici sta migliorando. Non a caso la speculazione internazionale si è accanita su Grecia e Portogallo lasciando indenne l'Italia. Eppure il nostro Paese ha un debito pubblico ben più grande che Atene e Lisbona. Tuttavia la linea di tendenza è ben diversa. Noi viaggiamo verso il risanamento. Gli altri non riescono, invece a governare i conti. Da questo punto di vista possiamo sentirci abbastanza garantiti.
Ora, però, serve lo slancio allo sviluppo. Nel 2010, segnala ancora l'Istat il risparmio delle famiglie è scesa di 1,3 punti. Come spiega l'Ufficio Studi di Confcommercio «in assenza di una crescita futura nettamente più sostenuta rispetto alle dinamiche sperimentate nell'ultimo decennio, le famiglie saranno costrette ad una scelta tra l'ulteriore ridimensionamento del risparmio e la riduzione dei consumi». Insomma serve un forte stimolo per consumi e investimenti. «Accompagnato - aggiunge Confcommercio - dal miglioramento della produttività del sistema». Più crescita vuol dire meno tasse, ma anche altri tagli alla spesa pubblica improduttiva e più efficienza complessiva del sistema. «La riduzione del potere d'acquisto indotta dalla recessione - evidenzia Confcommercio - ha infatti spinto le famiglie, per non comprimere eccessivamente i consumi, a contrarre la quota di risparmio». Un quadro che va modificato per fermare il declino.

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