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Il mondo arabo e le notizie di Al Jazira

Nata per volontà dell'emiro del Qatar Hamad bin Khalifa al Thani, la televisione satellitare "Al Jazira" ("L'Isola") si è imposta in tutto il mondo arabo e islamico come principale fonte di informazione. Nelle intenzioni dell'emiro "Al Jazira" sarebbe dovuta diventare una emittente "libera" da vincoli e condizionamenti politici ed economici, in particolare quelli sauditi (che infatti non la amano per nulla). Per questo, sin dal suo nascere "Al Jazira" ha inseguito scoop e "hot news", anche a costo di prestare il fianco a spericolati e improbabili sensazionalismi. Ha così riscosso un grande successo negli ascoltatori dei paesi arabi, che per la prima volta hanno avuto una informazione televisiva non preventivamente censurata.
In Occidente "Al Jazira" si è cominciata a conoscerla nel 1998, in occasione dell'operazione "Desert Fox" contro l'Iraq; ha poi confermato la sua leadership su quell'area, nel 2000, con il divampare della "seconda intifada". E ora, con lo tsunami che sta travolgendo uno dopo l'altro i vari regimi disseminati nel Maghreb, è tornata a giocare un ruolo essenziale. Ma è anche protagonista di clamorosi infortuni.
Il primo quando, giorni fa, si è dato credito alle dichiarazioni di un tal Sayed al Shanuka (o El-Hadi Shallof), che a nome della Corte Penale Internazionale ha dato notizia di circa diecimila libici uccisi e di altri cinquantamila feriti. Una notizia che nel giro di pochi minuti è stata ripresa da tutte le agenzie, quotidiani e televisioni del mondo. Salvo poi scoprire che nessun Shanuka o Shallof figura né come responsabile né come impiegato negli organi della Corte Penale Internazionale. E anche le cifre, fortunatamente, non corrispondono alla realtà.
Solo l'inizio. Il lettore ricorderà che qualche giorno fa televisioni e quotidiani ripresero la notizia, sempre diffusa da "Al Jazira" di immense fosse comuni nelle quali in fretta e furia venivano sepolti i cadaveri dei manifestanti massacrati dai miliziani di Gheddafi. La notizia era accompagnata da immagini da cui si poteva facilmente desumere che si trattava di un altro clamoroso falso: quelle che venivano spacciate come fosse comuni infatti null'altro che piccoli loculi di un normale cimitero; e infatti l'inviato dell'agenzia "Ansa" il 25 febbraio ha avuto modo di constatare che si trattava di tombe scavate nella sabbia nella spiaggia di Shat, rinforzate con mattoni e infine chiuse con il cemento. Sullo sfondo la cupola della moschea di Tajoura.
Lo stesso giorno delle "fosse", "Al Jazira" diffonde la notizia che Gheddafi è ormai prossimo alla capitolazione, controlla solo la caserma-bunker di Bab Alazizia. Forse desideri scambiati per fatti. Perché poche ore dopo Gheddafi appare nella piazza Verde, impegnato in un infuocato comizio, attorniato da alcune migliaia di sostenitori. Si combatte, e anche ferocemente; ma le truppe fedeli al colonnello controllano molto più che una caserma… Così come non ha alcun fondamento la notizia che la base aerea militare di Mitiga a Tripoli è stata conquistata dai ribelli. Al contrario, è saldamente nelle mani delle forze governative. Sempre "Al Jazira", questa volta assieme alla cugina "Al Arabiya", accredita la notizia che Gheddafi sarebbe morto, o rifugiato in Venezuela dall'amico Hugo Chavez. Al contrario è più vivo e delirante che mai. Destituite infine le notizie di sanguinosi raid aerei contro i dimostranti nelle città della costa. Bombardamenti sono stati fatti, ma nel deserto.
Opportuno, dunque, il monito che viene dal quotidiano della Conferenza Episcopale "L'Avvenire": «Se alla fine le vittime si conteranno a centinaia e non a migliaia, forse che Gheddafi risulterà più rispettabile? Se ha ordinato di sparare e uccidere i manifestanti, senza però ricorrere ai raid aerei, forse che il tiranno avrebbe diritto ad un giudizio più benevolo?».
I cronisti di vecchio pelo sanno bene che nelle guerre la prima vittima è la verità. È sempre accaduto, purtroppo accadrà ancora. Questa volta è "Al Jazira" a essere protagonista di un meccanismo perverso che tende a ingigantire e a demonizzare oltre ogni misura quel che sta succedendo; quasi che la realtà da sola non sia abbastanza tragica: un feroce e sanguinario dittatore che ha spietatamente oppresso il suo popolo per anni tra l'indifferenza della comunità internazionale, e ora lo massacra con ogni mezzo che ha a disposizione; rivoltosi che si scontrano con miliziani e mercenari, decine e decine di morti e feriti.
Una disinformazione accompagnata a quella di chi, per sensazionalismo o calcolo ingigantisce il pericolo del fondamentalismo islamico dando per scontato il trionfo di Al Qaeda sulle rovine della dittature arabe. Profeti di sventura che hanno fatto un pessimo servizio alle popolazioni arabe ieri, e persistono in questo atteggiamento irresponsabile oggi.
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