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La paralisi del centrodestra

La maggioranza politica di centro-destra è paralizzata. A Roma come a Palermo.  È bloccata nonostante la rotonda vittoria elettorale ottenuta tanto a livello nazionale che regionale. Se si trattasse solo di una rissa interna alla politica politicante potremmo anche lasciar perdere. Fatti loro. Purtroppo le liti hanno riflessi importanti sulla vita dei cittadini. Il Paese, infatti, appare immobile proprio nel momento in cui sarebbero necessari interventi urgenti e incisivi per favorire l'uscita dalla recessione. Invece non accade nulla. Si litiga su tutto.  Per esempio le intercettazioni. Certo il problema è delicato. Si scontrano diritti fondamentali.

Da una parte la magistratura che chiede di svolgere le sue indagini liberamente a garanzia di legalità per l'intera collettività. Dall'altra parte i cittadini che chiedono la tutela della loro privacy e della loro libertà. È intollerabile che lo Stato metta le orecchie nella vita personale degli italiani (soprattutto se i soggetti intercettati sono lontani dalle indagini). Inammissibile che anche le telefonate intime finiscano sui giornali. Di fronte ad esigenze così lontane non è stato ancora possibile trovare una mediazione. Il provvedimento continua a rimbalzare nelle aule parlamentari senza trovare l'ultima definizione. Il Pdl si è impegnato su un testo condiviso. In aula, però, le divergenze tornano a farsi pesanti. Dell'Utri. La sentenza che ha condannato il senatore siciliano divide la maggioranza. Viene fuori il tradizionale dualismo che accompagna la vita nazionale fin dai tempi di Guicciardini. Eppure la decisione della Corte d'Appello di Palermo ha fissato una verità che dovrebbe ricompattare l'intero Pdl. I giudici hanno negato ogni legame oscuro fra la mafia e la nascita della Seconda Repubblica che ha permesso l'affermazione del centro-destra. Dovrebbe essere un collante molto forte. Invece è partita la gara fra gli amici di Dell'Utri e i suoi avversari. Un esempio di tifoseria politica. Vabbè il clima dei Mondiali. Ma forse si esagera. Manovra economica. Fra un po' la sua approvazione diventerà un plebiscito su Tremonti e non una necessità condivisa con l'Europa per evitare il naufragio dell'euro. Invece si procede a strappi fra emendamenti che appaiono e scompaiono, fra annunci e smentite, errori di stampa e fughe in avanti. Speriamo solo che non finisca come in Grecia. Istituzioni. Il clima di rissa ormai non ha più aree di rispetto.

Il Presidente della Camera litiga con un pezzo della maggioranza che lo ha eletto. Il Presidente della Repubblica e il capo del governo che ormai parlano solo con comunicati stampa scritti con il vetriolo. E in questo clima, riconosciamolo, nessuno ci pare rispetta limiti e forme della Costituzione. Per non parlare ovviamente di quello che accade in Regione e al Comune di Palermo. Tanto Lombardo quanto Cammarata dialogano solo con metà della coalizione che li ha espressi. L'altra metà, come accaduto a Sala delle Lapidi, non esita a presentare addirittura una mozione di sfiducia. I partiti sono spaccati. Non solo quelli di maggioranza. Anche l'opposizione. Il Pd, che ha perso le elezioni, è diventato la stampella della giunta. Sia a Palazzo dei Normanni sia al Comune. Un processo tutt'altro che lineare. Lo dimostrano le dolorose fratture emerse in queste settimane. Per non parlare dell'Udc che non si capisce più se sta in maggioranza oppure all'opposizione.  Tutto ciò, ovviamente è frutto delle divisioni che attraversano il Popolo delle Libertà impedendo la piena governabilità. Berlusconi, con piglio da imprenditore brianzolo ha garantito che la ricreazione è finita. Ora ci penserà lui. "Ghe pensi mi" ha detto con tipica espressione milanese. Speriamo che sia davvero così. Il Paese non può più aspettare.

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