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Nuovi ospedali e la promozione dell'ambiente

A Palermo non si costruisce una nuova struttura da circa 50 anni. La proposta? Realizzare una cittadella della salute a misura d'uomo

Ieri abbiamo segnalato un dato strutturale sulla sanità pubblica italiana che lascia preoccupati. Tre quarti degli ospedali italiani hanno un'età che oscilla da circa 40 anni a oltre 200 anni. Una vera e propria mostra di antiquariato e modernariato. Gli ospedali più antichi risentono della cultura architettonica di quelle epoche antiche o remote. Nel periodo medievale la concezione delle strutture assistenziali era di tipo caritativo - senodochi e ptocotròfi, cioè ospizi di mendicità e accoglienza - gestiti in gran parte da ordini religiosi e congregazioni. Erano complessi enormi, spesso capaci di contenere 5.000 persone. Grandi stabilimenti paragonabili per le loro dimensioni a una città.
Giorgio Cosmacini, grande storico della medicina, evidenzia che in quei tempi il nome e il concetto di infirmus, malato, era strettamente legato, o addirittura identificato, al nome e al concetto di povero, pauper. I due nomi e concetti venivano giustapposti, sovrapposti, citati in un sol fiato nella locuzione ricorrente: pauperes infirmi, i poveri malati. I due vocaboli indicavano una categoria composita, senza troppa distinzione tra indigenza economica ed emergenza sanitaria, con inclusi gli storpi e i vagabondi, i ciechi e i mendicanti, i folli e i pezzenti, gli orfani e i vecchi. In questi siti coesistevano malati febbrili, soggetti con alterazioni psichiche e mentali, gestanti e partorienti, malati chirurgici di frequente affetti da cancrene, ma anche semplici indigenti («barboni», diremmo oggi) bisognosi di un riparo o un piatto di minestra. In maniera icastica uno storico dell'epoca così descriveva strutture e ambienti: «Tutti i servizi, dai più insalubri ai più ingombranti, ai più nauseanti si compivano nelle sale».
Successivamente i nosocomi iniziarono ad evolvere a siti di cura per malati, con carattere d'istituzioni pubbliche. Sino ai primi decenni del secolo scorso rimase la cultura post-medievale del mega-ospedale. Ad esempio il Villaggio Sanatoriale di Sondalo comprendeva 2.500 posti letto; l'Ospedale Forlanini di Roma - inaugurato nel 1934 e allora denominato Istituto Sanatoriale Benito Mussolini - aveva una capacità di oltre 1.500 posti letto.
Anche i nomi traevano origine dalla loro essenza o quiddità, per dirla in termini dotti filosofici. Ospedale della Pietà, o degli Invalidi, o di Dio; ridotto degli Incurabili. Con riferimento a Palermo si riscontravano le seguenti denominazioni: ospedale dello Spasimo, lazzaretto dei Sospetti, ospedale della Concezione, Aiuto Materno, Real Casa dei Matti, Ospedale dei Convalescenti, magazzini del Puntone. Semplici reliquati? Sino a un certo punto.
La leggenda, narrata da Giuseppe Carta, tramanda che San Gregorio Magno nel 594 propose di nominare vescovo di Palermo il diacono Crescenzio, eccellente amministratore di un ospedale. Malgrado questa pia e gratificante tradizione si rileva che, nella capitale della nostra isola, non si costruisce un nuovo ospedale da circa 50 anni. Si è andato avanti per singoli plessi, superfetazioni, aggiunte, protesi edilizie. La gran parte si dispiegano come meste costruzioni ad alto tasso di disfunzioni, caratterizzate quasi sempre da non-colori. Pastoni architettonici che forse esprimevano la parte distruttiva dello spirito del tempo.
La rete ospedaliera - specie nel Mezzogiorno - necessita di una rivisitazione e di cambiamenti radicali. Una grande operazione economica e infrastrutturale che coinvolge tutti i cittadini. Un rapporto nuovo fra ospedale, città e territorio, contesto urbano, attraverso studi architettonici più attenti agli aspetti antropologici e sociali.
L'organizzazione ospedaliera è stata sino ad oggi considerata in funzione precipuamente delle esigenze del medico. Il paziente è stato considerato un numero, una patologia, un soggetto da cui trarre ricavi, un letto occupato. Si fa riferimento, per esempio, alle attività diagnostiche e terapeutiche concentrate in un lasso di tempo assai ristretto, ai pasti somministrati in orari improbabili e sconsiderati, agli orari di visita di parenti e familiari elargiti a dosi omeopatiche. Una vera e propria lesione della dignità del malato, mentre il rispetto della persona è fondamentale.
Medicina intesa non solo come promozione della salute, ma anche dell'ambiente, valutato oltre che in senso ecologico anche sociale: promuovendo i rapporti umani e cercando di comprendere le inesplorate profondità psicologiche del malato. Il fruitore diretto, vale a dire il paziente, al centro del processo progettuale: dove l'imperativo diagnostico e terapeutico si coniuga con la gestione dell'esistenza globale del cittadino infermo. Un'architettura sanitaria senz'anima e senza etica diviene solo un'algida costruzione, fondata esclusivamente su pietre e denaro.
Oggi tecnici, architetti, urbanisti prospettano un nuovo modello ospedaliero di medie dimensioni, a misura d'uomo, fondato su 10 principi informatori strettamente interrelati, secondo l'indirizzo ideato da Renzo Piano: umanizzazione, urbanità, socialità, organizzazione, interattività, appropriatezza, affidabilità, innovazione, ricerca, formazione. Dove si magnifica la presenza di servizi civili e di ristoro, esercizi commerciali, colori, opere d'arte, moltiplicazione del verde, giardini. Tale combinato risveglia fenomeni vitali interiori, a tal punto che anche la malattia possa concorrere alla crescita dell'uomo.
Avanziamo una proposta. È tempo di realizzare a Palermo una «Cittadella della Salute». Un luogo di sviluppo scientifico, di innovazione e alta tecnologia, di cultura sanitaria e di aggiornamento professionale. Un complesso ove troveranno posto competenze di base, medicina, chirurgia, specialità, oltre a didattica e ricerca attraverso un campus biomedico che attui la centralità dello studente e un concreto diritto allo studio. Senza scelte calate dall'alto, ma attraverso preliminari concertazioni paritarie e fruttuose sinergie tra poli universitari e ospedalieri, con la sperimentazione di modelli organizzativo-gestionali agili ed efficienti.
Un pensiero meditante. Tra possibile e immaginario. Ricordando Victor Hugo: «Molte bocche parlano e pochissime teste pensano». Una politica di forte caratura, capace di ritrovare la sua vocazione di ideazione e di vitalità realizzatrice. Una politica, capace di vedere lontano, per una Sicilia all'avanguardia in campo sanitario.

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