ALATRI. Il giorno prima del pestaggio mortale contro Emanuele Morganti, Mario Castagnacci, uno dei due fermati con l’accusa di omicidio volontario, era in carcere.
I carabinieri lo avevano trovato con numerose dosi di droga in un appartamento di Roma insieme con altre tre persone. Il giudice convalidò il fermo, ma lo rimise in libertà il giorno dopo, quel drammatico venerdì quando, insieme con il fratellastro Paolo Palmisani - anche lui sottoposto a fermo - avrebbe massacrato di botte Emanuele. Ora è tornato di nuovo dietro le sbarre, questa volta a Regina Coeli. In una cella ben distante da quella dell’altro fermato, sorvegliati a vista dagli agenti della polizia penitenziaria per evitare eventuali gesti di autolesionismo e nell’eventualità di minacce o vendette di altri detenuti.
Intanto nella cittadina ciociara prosegue il lavoro dei carabinieri che stanno vagliando la posizione degli altri 5 indagati, tra cui il papà di uno dei fermati e i buttafuori del locale dove è avvenuto il pestaggio. Le forze dell’ordine hanno anche aumentato i servizi di pattugliamento in città per prevenire eventuali «spiacevoli episodi», come quelli che hanno costretto le famiglie dei due fermati a lasciare il paese.
Giovedì 23 marzo Castagnacci, già arrestato nel 2011 perché trovato in possesso di un ingente quantitativo di hashish, era finito di nuovo in manette al termine di un’indagine dei carabinieri della stazione San Pietro che li aveva portati ad un appartamento del Pigneto, dove il ragazzo nascondeva numerose dosi di droga, insieme con altri tre complici. Il pm chiese allora l’obbligo di firma, ma il giudice - nell’udienza per direttissima del giorno dopo - dispose la scarcerazione rigettando anche la richiesta del pubblico ministero. E così il ragazzo, che viene descritto come assiduo frequentatore della Roma bene, tornò nella sua Alatri per l’ennesima serata a base di alcol e droga insieme con gli amici di sempre e del fratellastro Paolo. Un mix esplosivo che potrebbe aver scatenato il terribile pestaggio nella piazzetta centrale del paese, davanti a decine di ragazzi.
Lo stesso paese che continua a chiedere «giustizia per Emanuele». Questa sera una nuova fiaccolata, la seconda dopo quella di ieri, ha ricordato il 20enne, tra lacrime, silenzi e rabbia. Tanta rabbia. Quella che è esplosa da giorni sui social network dove sono innumerevoli le minacce nei confronti non solo dei due ragazzi fermati ma anche delle loro famiglie. Durante la fiaccolata, il vescovo di Anagni-Alatri, Lorenzo Loppa, si è chiesto: «cosa stiamo facendo per i nostri giovani. C'è anche una latitanza delle istituzioni». Il massacro di Emanuele «non è un fatto avvenuto per caso. Oggi abbiamo perso il senso della giustizia» ha aggiunto il vescovo sollecitando comportamenti fuori da ogni spirito di vendetta.
Un clima surriscaldato, in paese, che ha coinvolto anche una giornalista di La 7, aggredita mentre cercava di documentare "una rissa furibonda tra gli amici e i parenti di Emanuele Morganti".
«Non può e non deve esistere una giustizia fai da te, neanche di fronte a un episodio così tragico - commenta il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri -. Lo Stato c'è e la risposta di giustizia sarà efficace e tempestiva».
Il clima teso, però, che ha portato il legale di Castagnacci, Tony Ceccarelli, a rinunciare all’incarico. «E' stata una decisione autonoma - ha spiegato -, presa senza alcuna pressione. Lo dico perché in questi giorni sono stati molti i colleghi, anche di indagati più marginali, che sono stati minacciati e malmenati». Resta al suo posto, invece, l’avvocato di Palmisani, Fabio Bucci, che domani farà visita al suo assistito in carcere. Proprio domani, inoltre, la procura di Frosinone affiderà ad un medico legale l’incarico di eseguire l'autopsia su Emanuele che si terrà però nella Capitale.
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